
La caduta dello sciatore in un burrone era avvenuta perché le reti non erano poste correttamente. La Cassazione conferma la responsabilità dei gestori di una pista da sci perché la rete anticaduta era mal posizionata (Corte di Cassazione, quarta penale, sentenza 5 settembre 2024, n. 33695).
I fatti
Il Tribunale di Sulmona ha confermato la decisione del Giudice di Pace di Castel di Sangro che aveva riconosciuto i gestori della pista da sci colpevoli del reato di cooperazione colposa nel reato di lesioni gravi nei confronti della vittima mentre era intento a sciare sul Monte Pratello di Rivisondoli.
Ai due imputati, nello specifico, è stato contestato, a titolo di cooperazione colposa, una non corretta predisposizione della rete anticaduta a bordo pista in quanto collocata in modo tale da non evitare la precipitazione dello sciatore nel sottostante burrone. Infatti, la vittima, dopo la caduta dal dislivello, era scivolata nella sottostante scarpata, per poi impattare contro le piante riportando la frattura alla caviglia e un trauma con lesione tendinea alla spalla.
La ricostruzione dei fatti, confermata anche dal secondo grado di giudizio, accertava che la caduta dal dislivello, presidiato dalla presenza di una rete posta al margine della pista, era stata determinata da una anomalia della recinzione, la quale lasciava aperto un varco nella sua parte inferiore, così che lo sciatore, in fase di caduta, vi era passato sotto, precipitando da un’altezza di circa 4-5 metri rispetto al sottostante fuori pista, tanto da essere sbalzato contro le piante.
La caduta dello sciatore e la responsabilità della sicurezza delle piste
Pertanto, il titolare della società di gestione delle piste e il soggetto indicato quale responsabile della sicurezza, come tale provvisto dei poteri di verifica della corretta apposizione dei presidi di sicurezza, avrebbero dovuto intercettare, in base agli ordinari standard di diligenza e di prudenza e della disciplina della L.R Abruzzo n. 24/2005 e in particolare dell’art. 10, comma 1 lett. b, le fonti di pericolo presenti nella pista di sci e porvi riparo, in presenza di una obiettiva situazione di pericolo atipico a fronte di uno scosceso e profondo burrone che delimitava la pista di sci.
Il Giudice di primo grado evidenziava inoltre che le relazioni sul sinistro predisposte dagli agenti soccorritori erano da ritenersi lacunose e inattendibili in quanto predisposte su moduli prestampati, con descrizione a priori dello stato dei luoghi in cui non era neppure indicata la presenza di testimoni e, d’altro canto, non risultavano effettuati neppure specifici rilievi.
L’intervento della Cassazione
Imputati e responsabili civili ricorrono in Cassazione, che respinge.
Lamentano la mancata indicazione della fonte di pericolo che imponeva loro di attivarsi e quale fosse la specifica condotta che gli stessi avrebbero dovuto osservare per prevenire la verificazione di infortuni come quello occorso alla vittima. Assumono anche che i Giudici di merito erano incorsi in violazione di legge per avere escluso valore fidefacente alle relazioni degli appartenenti alla Polizia che erano intervenuti sulla pista luogo dell’infortunio.









