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SULMONA – Asintomatici da almeno sette giorni, da 21 giorni in quarantena, ma ancora positivi. È l’esercito di coloro che non riescono a liberarsi dal coronavirus rimangono “prigionieri” in casa in attesa di un certificato che non arriva. Per loro, infatti, la circolare del ministero della Salute del 12 ottobre prevederebbe la fine dell’isolamento sanitario. Ma nella maggior parte dei casi ottenere l’attestato di guarigione diventa un’impresa. “Non ce la faccio più. Sono stata da sempre asintomatica e sono 35 giorni che sono chiusa in casa. Praticamente sto vivendo gli arresti domiciliari”- sbotta Francesca ( nome di fantasia) che è risultata positiva al quarto tampone ed ora ne ha programmato un quinto in attesa che arrivi la benedetta negativizzazione. Lo stesso dicasi per Lucia, sempre nome di fantasia, che è risultata positiva il ventunesimo giorno al terzo tampone dopo il secondo dubbio. Sembrava fatta e invece no. Ancora chiusa in casa perchè il suo medico curante non se la sente di firmare il certificato. “Io al momento sono disoccupato non dovrei nemmeno presentarmi sul posto di lavoro. Se dopo tre settimane si perde la carica virale non ha senso andare avanti così”- commenta la donna. In verità alcune sorveglianze sono state chiuse dalla Asl proprio per effetto del decreto dei 21 giorni. Il medico curante infatti viene invitato dall’azienda a rilasciare un certificato che attesti che il paziente Covid è del tutto asintomatico da almeno una settimana, non è immunodepresso e non ha patologie pregresse. In quel caso la Asl chiude la sorveglianza come avvenuto ad esempio per due persone nell’arco dell’ultima settimana. Ma non tutti i medici si assumono la responsabilità di liberare i positivi anche perchè, ricordano, per la riammissione sul posto di lavoro serve comunque un tampone negativo. Ed è così che quando arriva il 21 esimo giorno inizia il calvario degli asintomatici che sperano nel certificato del curante o del tanto invocato tampone negativo. “Sequestrati” in casa e positivi.

Andrea D’Aurelio

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