
SULMONA. “Ecco da dove viene il proiettile finito nella busta”. A ricostruire la vicenda, in aula, sono stati due testimoni dell’accusa che hanno sfilato davanti al giudice nell’ambito del processo che vede imputato per calunnia il sindaco di Rivisondoli, Giancarlo Iarussi. La vicenda risale al 30 agosto del 2021 quando Iarussi aveva ritirato una raccomandata, trovando il proiettile all’interno di una busta. In procinto di presentare la candidatura a sindaco, aveva presentato una denuncia che aveva portato i carabinieri a risalire all’ufficio postale di Sulmona dove era stata spedita la lettera minatoria e a due donne che erano state indagate per tentata estorsione e sostituzione di persona. Entrambe avevano sottoscritto la lettera sotto un altro nome. Nel corso del processo era spuntata anche la testimonianza di una terza donna che aveva confezionato la lettera, imbucata poi dalle amiche. Già sentita dai carabinieri, quest’ultima aveva dichiarato che Iarussi sapeva bene chi erano le mittenti della “missiva indesiderata”. Dichiarazione che aveva portato la procura a chiedere e ottenere l’archiviazione per le due indagate e a ritenere che il sindaco avesse fatto tutto da solo. Un’accusa grave per gli avvocati difensori, Tania Liberatore e Roberto Del Giudice, pronti a dare battaglia. Dopo la ricostruzione dei movimenti del proiettili, la parola passerà a giugno ai testi della difesa prima della sentenza.