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SULMONA – “Oggi è la fine di un incubo. È difficile esprimere i sentimenti che provo. Certamente sono felice Che sia stata accertata la verità ma dentro di me è impossibile cancellare il mio calvario, la mia sofferenza e quella della mia famiglia, per un’accusa gravissima e totalmente infondata”. Sono le parole di S. A, il 28 enne capo animatore siciliano, assolto l’altro giorno dal Tribunale di Sulmona dalla pesante accusa di violenza sessuale nei confronti della sua sottoposta. Quello del giovane è uno sfogo a tutto campo che arriva all’indomani della sentenza che ha fatto cadere il castello accusatorio. Ma soprattutto dopo dieci mesi di misura cautelare. “Mai potrò dimenticare lo sguardo e gli occhi di mia madre quando le comunicai che i CC della stazione vicino casa stavano per trasferirmi nel Carcere Pagliarelli di Palermo perché ero accusato di violenza sessuale per aver stuprato una ragazza che lavorava con me”- scrive il giovane- “mi sembrava tutto solo un brutto incubo. Le lacrime di mia madre, le manette ai polsi, gli agenti che mi guardavano sconsolati e mi portavano in carcere, la prima notte in carcere passata insonne, i consigli degli agenti che mi dicevano di non riferire il motivo dell’arresto (non sono leggende quelle sulla sorte di certi detenuti per violenze), gli altri detenuti che mi chiedeva: ma tu cà chi ci fai? A cu apparteni? Chi facisti cu sta facci?, chiuso in cella con gente con cui non avevo niente a che fare… La no tte in cella piangere e pensavo: Come è possibile? Che ci faccio io qui? Qualche detenuto mi parlava, mi consigliava, ne sentivo di ogni colori e non sapevo che fare. I miei genitori che venivano a colloquio mi portavano notizie e non smettevano di piangere. Ero disperato. In cella solo in mezzo ai lupi avendo sulle spalle un’ accusa infamante. Poi qualcosa per fortuna cambiò. Cambiai Avvocato su consiglio di un detenuto. Lui venne, era giovane ma mi sembrava sicuro. Mi diede speranza. Mi guardò negli occhi e mi disse: Salvo io penso che tu sei innocente. Ti farò uscire di qua. Dopo una settimana per fortuna ero a casa! Ero agli arresti domiciliari ma ero a casa! Con i miei genitori e fratelli. Fu il primo momento di luce. Una piccola luce lontana in fondo al tunnel. A casa il tempo non passava mai e il mio cervello che faceva mille pensieri, con mille paure e mille preoccupazioni. Poi, dopo 10 mesi di reclusione e diverse richieste di scarcerazioni andate male, finalmente è arrivato il tempo del processo e di dimostrare la mia innocenza, la mia verità. Ero fiducioso, sapevo che i fatti non erano andati come affermava la presunta vittima, sapevo che i miei colleghi avrebbero detto la verità e speravo che il mio avvocato sarebbe riuscito a dimostrare che le sue accuse erano solo menzogne. Per tutto il processo non ho mai mosso lo sguardo dal collegio che mi stava giudicando e malgrado non potessi prevedere il futuro, c’era qualcosa che mi faceva avere fiducia. I giudici erano attenti ad ogni parola Il Presidente sempre preciso nelle sue domande. Iniziavo a sperare che giustizia sarebbe stata fatta e cosi è stato. Le ripeto oggi è le fine di un incubo”. Il suo avvocato, Paolo Amato, annuncia di procedere con una querela per calunnia contro la presunta vittima. “Sulla base di tutto quanto emerso nel dibattimento tutte le accuse sono risultante infondate stante il fatto che tutti i testi escussi hanno smentito quanto dichiarato dalla persona offesa . La formula assolutoria usata ( il fatto non sussiste ) ha dato contezza del fatto che il fatto denunciato non si sarebbe verificato”- sottolinea il legale spiegando pure che le risultanze probatorie non sono state considerate insufficienti.

Andrea D’Aurelio

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