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SULMONA – Quando paura e psicosi fanno perdere l’umanità. Il clima si è fatto più teso e incandescente nelle ultime ore in Valle Peligna. Ed è anche comprensibile alla luce del continuo aumento dei contagi e dei soggetti posti in sorveglianza attiva. Ma la legittima preoccupazione non può scatenare la caccia all’untore o, peggio ancora, l’indifferenza verso chi ha contratto il virus, per sua sfortuna. Lo sfogo-denuncia di un uomo residente in un comune peligno deve far riflettere. Giorgio (nome di fantasia) è negativo a due tamponi ma nel suo nucleo familiare sono stati riscontrati tre casi di positività. “Sono passate tre settimane e abbiamo ricevuto parecchie telefonate di gente che ci chiedeva se doveva mettersi in quarantena, come doveva comportarsi e se doveva contattare la Asl. La nostra salute veniva messa sempre in secondo piano”- sbotta l’uomo che aggiunge: “i nostri vicini di quartiere non hanno aperto nemmeno la persiana di casa per chiedere se serviva un aiuto o ci occorreva qualcosa ma anche solo per un cenno d’intesa o un saluto da lontano”. La paura insomma fa novanta ma la disumanità resta incalcolabile se si arriva a questi livelli. Negli ultimi giorni alcuni pazienti in isolamento domiciliare sono scambiati per ricoverati generando un clima di preoccupazione come pure sulla messaggistica di whatsapp sono girate foto segnalatiche di alcuni positivi. Fortuna che c’è sempre il rovescio della medaglia, ovvero le piccole attenzioni e i gesti di prossimità che scaldano il cuore. Dalle telefonate quotidiane alle buste della spesa lasciate sotto il condominio. Perché i contagiati non possono essere additati come untori. Prima di essere un caso Covid sono persone. La premura è necessaria ma si mette in atto nella quotidianità con l’uso dei dispositivi e il rispetto delle misure. Perché alla fine non sono gli eventi i veicoli di contagio ma i comportamenti delle persone. Cancellare una fiera o un concerto, saltare una cena per paura di uscire di casa ma ritrovarsi seduti su una scalinata o sui tavoli di in bar, uno sopra all’altro e tutti abbracciati, non risolve il problema. Il virus si vince nella quotidianità con responsabilità. L’umanità, poi, portiamola insieme alla mascherina. Non lasciamola a casa. Andrea D’Aurelio

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