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Sono nelle 344 pagine dell’ordinanza di sequestro preventivo le accuse del gip di Teramo, Roberto Veneziano, sequestro eseguito questa mattina dalla Guardia di Finanza ai danni dei vertici della società che gestisce le autostrade A24 e A25, ovvero la Roma-Teramo e il tronco Torano-Pescara: 26 milioni di euro i risparmi e, soprattutto, i guadagni “indebitamente perpetrati” attraverso la mancata esecuzione (dal 2009 al 2018) dei principali lavori di manutenzione di 7 viadotti, affidati in larga misura – ben oltre i limiti di legge – alla Toto Spa Costruzioni Generali. I sequestri sono stati disposti a carico degli indagati Lelio Scopa, presidente del Consiglio di amministrazione di Strada dei Parchi, Cesare Ramadori, amministratore delegato, Mauro Fabris, vicepresidente del CdA, Igino Lai, direttore generale, e dei procuratori e direttori operativi Carlo Marco Rocchi e Gabriele Nati.

“Strade dei Parchi Spa è una scatola vuota con un precario equilibrio economico-finanziario che appare strumentale alla massimizzazione dei profitti delle consorelle, attraverso un sistematico drenaggio dei fondi statali sia sotto forma di pedaggi autostradali sia sotto forma di erogazione di finanziamenti pubblici”. Questo scrive il gip di Teramo, Roberto Veneziano nell’ordinanza. Per gli inquirenti non ci sono dubbi: sulla Strada dei Parchi non è mai stata fatta manutenzione su 9 viadotti della A24. “Totale inadempienza”, sostiene la Guardia di Finanza.

Mai fatti né interventi ordinari né straordinari dal 2009. E alcuni lavori erano stati eseguiti solo dal 2018, dopo il crollo del Ponte Morandi. Ma, la beffa, i lavori sono stati fatti con soldi pubblici perché erano stati “utilizzati contributi statali”.

Le uniche opere di manutenzione ordinaria svolte dalla concessionaria Strada dei Parchi hanno riguardato negli anni la pavimentazione, il verde, le segnaletiche e non le parti strutturali dei viadotti, ovvero cassoni, pile e appoggi e ritegni antisismici. Strada dei Parchi affidava i lavori “in via diretta e senza gara” alle società della galassia Toto, incassando soldi pubblici “anche quando non avrebbe avuto titolo” e al contempo minacciando addirittura la cassa integrazione per i suoi dipendenti, con diverse missive inviate al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Il giudice scrive di una piena consapevolezza della portata di tale condotta ed esprime un’inequivoca volontà di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale alle società del gruppo Toto il quale risponde alle accuse con una nota: “Abbiamo la consapevolezza di aver sempre rispettato le prescrizioni, le regole, la tutela della sicurezza dei nostri utenti. Abbiamo la coscienza tranquilla in attesa della decisione del Tribunale del riesame di Teramo che, riunitosi oggi, non si è ancora pronunciato, e nella cui serenità e serietà di giudizio confidiamo pienamente”.

 

 

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