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E’ dall’anno accademico 2016-2017 che ogni anno ad una certa fetta di studentesse e studenti di Psicologia dell’Univaq viene inesorabilmente impedito di proseguire il loro percorso di studi di Psicologia all’Università degli studi dell’Aquila a causa del numero programmato locale. L’Ateneo ha infatti fissato, per il corso di Laurea Magistrale in Psicologia, un contingente di 100 posti, notevolmente inferiore a quello invece previsto per il corso di laurea triennale, di 250 posti. Questa impostazione costituisce un “doppio imbuto formativo” iniquo e limitante: mancando continuità tra i due livelli di laurea, numerose studentesse e numerosi studenti, laureate/i o laureande/i in Scienze Psicologiche Applicate, sono inevitabilmente portate/i ad iscriversi in altri Atenei per proseguire i propri studi. Relativamente all’anno accademico ancora in corso, circa venti studentesse della triennale non hanno potuto continuare gli studi magistrali: alcune si sono iscritte a corsi singoli, affrontando una spesa non preventivata, ma necessaria vista la prospettiva di perdere un anno; altre sono state costrette ad iscriversi altrove, trovandosi di fronte l’impossibilità di proseguire gli studi dove desideravano e anche alla difficoltà economica che può comportare uno spostamento dalla propria città. Sicuramente ci si aspettava un aiuto da parte dell’università, almeno nell’ampliamento del contingente. Nei prossimi giorni, invece, ci sarà il Senato Accademico sull’offerta formativa, che, nonostante le nostre continue richieste di eliminazione del numero programmato, continua a vedere in approvazione i soli 100 posti per il Corso di Laurea Magistrale in Psicologia. Questo sbarramento a metà percorso altro non ha portato che ad un rallentamento e quindi un’opportunità negata al mondo del lavoro alle studentesse e agli studenti, perché la sola laurea triennale non permette loro di poter svolgere la professione di psicologa/o, dunque hanno bisogno necessariamente di proseguire i loro studi attraverso un percorso magistrale. Come Unioni degli Universitari ci siamo sempre battuti contro la limitazione dell’accesso al sistema universitario, poiché rappresenta una grande privazione del Diritto allo Studio garantito dall’art. 34 della nostra Costituzione; numerose sentenze del TAR, sempre a favore della causa studentesca, hanno ribadito l’illegittimità di questo numero programmato, non sancito infatti dalla L. 264/99. Al Rettore, al Senato Accademico tutto, chiediamo di eliminare il problema dell’imbuto formativo ed eliminare così il numero programmato locale, per rendere realmente l’università un luogo di cultura, aperta e accessibile a tutte e a tutti, un’università che rispecchia i bisogni formativi delle studentesse e degli studenti.

 

 

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