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SULMONA – L’attività ambulatoriale è stata ridotta alle sole due sedute settimanali ( fino ad un massimo di tre pazienti) mentre per le consulenze urgenti si rischia la delocalizzazione verso i nosocomi dell’Aquila o di Avezzano. Gli effetti dell’annosa carenza di organico che fa capo al reparto di urologia cominciano a manifestarsi sul sistema ospedaliero.  Non a caso, i  due sanitari avrebbero manifestato la loro disponibilità a coprire solo il numero delle reperibilità previste dalla legge, ovvero fino ad un massimo di dieci turni ciascuno, dopo diversi mesi  di lavoro continuato, cioè turni svolti senza soluzione di continuità. Un reparto al collasso che conta quattro unità sulla pianta organica ma solo due attualmente operative, il responsabile e uno specializzando reclutato con apposito avviso pubblico. Le altre due unità sono momentaneamente fuori servizio. Una è stata assegnata in altro nosocomio. Servono quindi interventi urgenti per evitare il collasso del sistema. I primi effetti si sono visti negli ultimi giorni. Le visite ambulatoriali sono state ridotte alle sole due sedute settimanali, vale a dire il martedì e il giovedì mentre le reperibilità, che al momento vengono coperte solo dai due medici in servizio, saranno assicurate fino al massimo di venti al mese, dieci per ciascuna unità. Permane il rischio, in caso di consulenze urologiche richieste dal pronto soccorso, ovvero in regime di urgenza, che gli utenti potrebbero trovarsi nelle condizioni di essere trasferiti in altro ospedale della Asl per accedere alla prestazione sanitaria. Una situazione che impone un intervento definitivo tenendo conto dei numeri di un reparto che, nonostante la carenza di organico e la riduzione dei posti letto per la condivisione degli spazi con ortopedia, ha svolto centinaia di interventi nei primi quattro mesi del corrente anno. Il Covid non esiste solo per accorpare i reparti ma dovrebbe servire per cambiare paradigma: intervenire nell’ordinario per essere pronti a fronteggiare le emergenze.

Andrea D’Aurelio

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