
C’è un filo invisibile che lega chi parte e chi resta. Un filo fatto di ricordi, nostalgie, sogni e cicatrici. È questo filo che si intreccerà il prossimo 7 agosto a Gagliano Aterno, durante Amara terra mia – Storie di migrazioni e di ritorni, un evento pensato per dare voce a una memoria collettiva troppo spesso dimenticata. Alle 21:15, nella suggestiva sala convegni dell’ex Monastero di Santa Chiara, si terrà la proiezione del documentario Gagliano Aterno e l’emigrazione, a cui seguiranno testimonianze commoventi di chi ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza del distacco e del ritorno. Dal Congo al Canada, dagli Stati Uniti all’Abruzzo, le storie si susseguiranno come un mosaico di vite spezzate e ricucite, di partenze forzate e ritorni sperati. L’incontro vedrà la partecipazione di voci significative: il sindaco Luca Santilli, l’assessore alla cultura Maria Di Felice, lo studioso e scrittore Massimo Santilli, l’architetto Michele Palombella, che ha curato il documentario, e Edoardo Leombruni, rappresentante del CRAM (Consiglio Regionale degli Abruzzesi nel Mondo). A moderare gli interventi sarà la giornalista Angela Di Giorgio. Ma il momento più toccante sarà forse quello finale, quando verrà scoperta una composizione poetica in dialetto gaglianese, accanto al monumento all’emigrante. Un gesto simbolico, semplice ma potente, per onorare chi ha lasciato il proprio paese con in tasca solo speranze e saluti stretti nel cuore. Non tutti conoscono la pagina dolorosa dell’emigrazione gaglianese verso il Congo Belga. Una comunità numerosa che, dopo anni di vita e lavoro lontano, fu costretta a rientrare in Italia in fretta, con voli speciali e uno sradicamento che lasciò il segno anche nella stampa nazionale dell’epoca. Un ritorno amaro, spesso senza nulla, se non la dignità di chi ha lottato. Oggi, che Gagliano Aterno è gemellata con la città canadese di Hamilton – dove vivono ancora migliaia di oriundi gaglianesi – questa iniziativa vuole essere qualcosa di più di un ricordo. È una riflessione sul presente, su quello spopolamento che svuota i paesi dell’Appennino e toglie voce alle comunità. Parlare di chi è partito serve anche a immaginare chi potrà, un giorno, tornare. La serata sarà un abbraccio collettivo tra generazioni, una carezza alla memoria, un invito a non dimenticare che ogni paese, anche il più piccolo, è fatto delle storie di chi ci ha vissuto… e di chi lo porta nel cuore, anche a migliaia di chilometri di distanza









