
Francesco Barone: Ambasciatore di Pace in un Mondo Ferito

La pace non solo si predica. La pace si pratica. È con queste parole che si apre la testimonianza raccolta dal giornalista e scrittore Ennio Bellucci, amico e sostenitore dell’instancabile opera umanitaria di Francesco Barone. Un uomo che ha fatto della solidarietà la sua missione, portando aiuti concreti in terre martoriate dalla guerra e dalla miseria.






Con ben 63 missioni umanitarie all’attivo, l’ultima conclusa appena pochi giorni fa, Barone ha operato prevalentemente in Africa, con particolare attenzione al Congo. In quei luoghi dove la sofferenza è quotidiana e la speranza spesso vacilla, ha scelto di stare accanto ai più vulnerabili: donne e bambini vittime di conflitti e privazioni indicibili.
Originario di Bussi sul Tirino, docente presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università dell’Aquila, Barone è anche Presidente dell’associazione Help senza confini e Ambasciatore d’Abruzzo e di Pace nel mondo. Rientrato da Goma, ha affidato a Bellucci una testimonianza intensa e drammatica, che oggi viene condivisa con i lettori affinché non si dimentichi che la pace è un impegno quotidiano, non un concetto astratto.
In un mondo dove oltre 50 conflitti armati sono in corso, la necessità di una riflessione profonda sulla pace è più urgente che mai. La società contemporanea, frammentata nei suoi valori e dominata da un “pensiero ornamentale”, sembra rassegnata alla guerra come se fosse una soluzione inevitabile. Ma la guerra non è solo strategia e geopolitica: è l’annientamento dell’altro, è il volto del giovane combattente che non conosce nemmeno il motivo per cui combatte. È la negazione della dignità umana.
Barone ci invita a guardare oltre le armi, a riconoscere i volti e i sentimenti recisi, a comprendere che ogni conflitto è una ferita aperta nell’umanità.
L’etimologia della parola “pace” ci riporta alla radice sanscrita pak o pag, che significa unire, saldare, legare. Da qui deriva il latino pax, che racchiude il senso profondo di armonia. Immanuel Kant la definiva come l’ideale regolativo della vita morale, la massima aspirazione dell’essere umano.
Nel nostro tempo, la pace assume i significati di armonia tra i popoli e di speranza: la capacità di uscire da sé per incontrare l’altro. Eppure, quante volte siamo stati chiamati a difendere questi valori e abbiamo scelto l’indifferenza?
Barone sottolinea un paradosso inquietante: per iniziare una guerra basta la volontà di uno solo, mentre per costruire la pace serve l’accordo di molti. Il dialogo, il negoziato, dovrebbero essere strumenti di ragione e responsabilità, ma spesso diventano arene dove si impone l’interesse di parte.
In questo eterno conflitto tra egoismo e altruismo si racchiude la fragilità umana, la superficialità delle scelte e l’angoscia della vita.
Francesco Barone ci ricorda che la pace non è un’utopia, ma una pratica quotidiana. E che ogni gesto di solidarietà, ogni missione, ogni parola detta in difesa dell’umanità è un passo verso un mondo migliore.









