
Certe serate non si dimenticano. La prima “Notte Bianca del patrimonio culturale celestino” è stata una di quelle in cui il tempo sembra dilatarsi, regalando emozioni che mescolano storia, arte e natura. L’Abbazia di Santo Spirito al Morrone, insieme all’Associazione Celestiniana e all’Assessorato alla Cultura, ha aperto le sue porte e il suo cuore alla comunità, costruendo un evento che ha illuminato il passato per riportarlo a nuova vita. Al centro, la figura di Pietro da Morrone, il monaco eremita divenuto Papa Celestino V, simbolo di spiritualità e libertà interiore. Una tavola rotonda nella sala meeting dell’Abbazia ha dato voce a esperti e istituzioni: storici, docenti e rappresentanti culturali si sono confrontati sul valore e sull’attualità di questo patrimonio.


Un dialogo ricco di spunti, che ha riportato alla memoria non solo le pietre antiche, ma il loro significato profondo. Il sole che scivola verso il tramonto ha lasciato spazio a uno dei momenti più attesi: “Costellazione Celestino”, l’esperienza astronomica guidata dal professor Salvatore Marinucci. Lì, sotto le volte della chiesa abbaziale, si è parlato di luce e simboli, di come pietra e sole possano dialogare, come accadeva nei tempi antichi, quando osservare il cielo era un atto spirituale.



La notte è poi diventata un viaggio tra arte e memoria. Le visite guidate hanno condotto i partecipanti nella Cappella Cantelmo Caldora, scrigno del gotico abruzzese, dove il silenzio custodisce affreschi delicati e il monumento funebre di Gualtiero d’Alemagna. Ogni passo sembrava un salto indietro nei secoli, tra sfumature di colore e intagli di pietra che parlano ancora. E poi, il finale: una passeggiata notturna verso l’eremo, nel buio appena rotto dalla luna e dal fruscio degli alberi. In lontananza, la musica di un concerto diventava bussola e richiamo. Arrivati, l’incanto era completo: arte, natura e bellezza si erano incontrati, e ognuno portava a casa un pezzo di quella magia.












