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Battleship USS West Virginia sunk and burning at Pearl Harbor on Dec. 7, 1941. In background is the battleship USS Tennessee.

Oggi ricorre l’anniversario di uno degli episodi cardine della seconda guerra mondiale vediamone alcuni aspetti. Erano le 7:48 del 7 dicembre 1941 la base navale di Pearl Harbor a Oahu, una delle otto isole principali delle Hawaii dove era stanziata la Flotta del Pacifico della marina militare statunitense, fu colpita da decine di aerei da guerra giapponesi, che scaricarono un tonnellate di bombe.

img_4191Tra il Giappone e gli Stati Uniti non correva certo buon sangue, anzi, e che uno scontro  potesse scoppiare da un momento all’altro era già scontato per tutti e si attendeva solo il classico casus belli. L’azione offensiva nipponica, fu denominata “ l’operazione AI”, che prevedeva appunto l’attacco a sorpresa di Pearl Harbour con la conseguente distruzione della flotta del pacifico, ma che, portò come principale conseguenza, all’entrata in guerra degli Stati Uniti, che fino a quel momento avevano deciso di non entrare a far parte in qualità di belligeranti degli schieramenti contrapposti nella Seconda Guerra Mondiale.

Infatti, secondo i sondaggi del tempo, l’88% della popolazione americana, era contraria ad entrare in guerra, il Presidente, F. D. Roosevelt vinse le elezioni grazie a questa promessa, fatta in campagna elettorale, ma l’attacco del 7 dicembre provocò una fortissima ondata emotiva e gli americani si volsero, come prevedibile, a favore dell’intervento in Europa e contro i Giapponesi.

5cc1ae48240000140a51de6fSi narra anche che l’ambasciatore Giapponese a Washington (che portava la dichiarazione di Guerra) fu ricevuto con ore di ritardo in maniera da attendere l’attacco a sorpresa, gli alti gradi Statunitensi sapevano già tutto, le trasmissioni dei giapponesi erano state decriptate.

Le due potenze erano nettamente e politicamente contrapposte, e l’aggressiva politica espansionistica del Paese asiatico non poteva proprio essere accettata dagli Usa, che vedevano così ledere i propri interessi. Con l’attacco alla base navale principale della Flotta del Pacifico della marina statunitense, la quale ha ancora oggi sede a Pearl Harbor, il Giappone aveva l’obbiettivo di rendere gli Stati Uniti incapaci di reagire agli altri attacchi previsti nelle colonie in Indocina e nelle Filippine, aree fondamentali e strategiche per il rifornimento nipponico delle materie prime.

La progettazione dell’attacco, che faceva capo al comandante in capo della Flotta Combinata giapponese, Ammiraglio Isoroku Yamamoto, proseguiva dai primi mesi del 1941, ma l’autorizzazione definitiva dell’imperatore Hirohito arrivò solo il primo dicembre. La squadra di sei portaerei e diverse navi da guerra di supporto era già in mare da cinque giorni, partita da una base nel nord del Giappone.

24991316_1617067438358019_6292049969156238535_nGli aerei giapponesi che parteciparono all’attacco furono oltre 350, divisi in due ondate. La prima ondata aveva l’obiettivo di cercare e prendere di mira i bersagli principali, identificati con le navi da guerra più grandi, tralasciando magazzini, basi dei sommergibili e centri di comando. La seconda ondata doveva attaccare altri obbiettivi eventualmente tralasciati dalla prima.

Altri bersagli preferenziali erano gli aerei parcheggiati nelle basi, in modo da evitare una risposta aerea immediata.

Il comandante giapponese Mitsuo Fuchida si trovò a Pearl Harbor insieme alla sua squadriglia di aerei alle 7.49, di domenica mattina, la base ancora non era in attività. Fu a quel punto che il capitano Fuchida pronunciò la famosa frase, riportata da molti film,  “Tora! Tora! Tora!”, che dava il “la” all’operazione. Da notare che la parola “tora” significa “tigre” e si riferisce ad un famoso detto: “La tigre va lontano due mila miglia e ritorna infallibilmente”.

L’attacco, comunque fu devastante, durò circa novanta minuti, nel corso dei quali persero la vita 2.331 soldati, molti di essi furono sorpresi mentre ancora si trovavano nel letto o a fare colazione, quindi si trovavano nell’assoluta incapacità di reagire con ogni tipo di difesa. Trovarono la morte anche 55 civili americani, mentre altri 1.200 perirono nell’esplosione del magazzino degli armamenti della nave Arizona. Si contarono 1.139 feriti, 18 navi e 188 aerei statunitensi distrutti, e più di 150 velivoli danneggiati. I Giapponesi riportarono una sessantina di perdite.Â