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Da oggi fino a venerdì 1° ottobre presso i laboratori del Gran Sasso dell’Ifn si svolgerà il “North America-Europe Workshop on Future of Double Beta Decay” in cui si incontreranno rappresentanti della comunità scientifica internazionale ed esponenti delle agenzie scientifiche finanziatrici. Saranno oltre duecento gli scienziati coinvolti, di cui circa cinquanta in presenza, provenienti da Italia, Stati Uniti, Canada, Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Polonia, Olanda, Svizzera, Israele, Cina, Giappone, Russia e Ucraina. Tema dell’evento il doppio decadimento beta, particolare processo di mutazione di nuclei atomici che i fisici di tutto il mondo ricercano da decenni. Un rarissimo (ipotetico) fenomeno la cui rivelazione avrebbe profonde implicazioni per la fisica delle particelle elementari e per la cosmologia. Tale processo necessita che il neutrino coincida con la sua antiparticella, e la sua scoperta potrebbe anche contribuire a spiegare perché viviamo in un universo fatto di materia anziché di antimateria. Scopo principale della tre giorni di full immersion è l’individuazione di una strategia comune per le ricerche in questo campo. La discussione si concentrerà in particolare sulla prossima generazione di esperimenti ad alta sensibilità e sulle infrastrutture sotterranee che dovranno ospitarli.

 “Pur essendo passati quasi 100 anni dalla sua nascita sappiamo molto poco del neutrino e il processo del doppio decadimento beta che, se osservato, porterebbe a una svolta nella comprensione della natura di questa elusiva particella”, dichiara Ezio Previtali, direttore dei Laboratori del Gran Sasso. “Sono molto soddisfatto che questo evento, che unisce gli sforzi delle due sponde dell’Atlantico, si tenga nelle nostre strutture. I LNGS sono sicuramente uno dei laboratori internazionali più qualificati a ospitare questa nuova generazione di esperimenti”, conclude Previtali.

L’evento sarà il primo a livello internazionale a essere ospitato dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dall’inizio dell’emergenza COVID e, seppur con le limitazioni per la prevenzione del contagio e per il dovuto rispetto della normativa nazionale ed europea, costituisce senz’altro un segnale di ritorno alla normalità per le nostre strutture di ricerca e per il nostro territorio.

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