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Uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori del Gran Sasso Science Institute, assieme all’Istituto Nazionale di Astrofisica, porta alla luce i processi di raffreddamento delle particelle relativistiche nei lampi gamma durante una fase di transizione del fenomeno denominata “steep decay” (decadimento rapido). L’unicità di tale relazione ha spinto il gruppo ad andare alla ricerca di un processo universale che potesse darne una corretta interpretazione. Lo studio è stato pubblicato oggi sulla rivista Nature Communications. 

I lampi gamma sono considerati tra gli eventi più catastrofici ed energetici dell’Universo poiché possono rilasciare in poche frazioni di secondo l’intera energia emessa da una stella come il Sole durante tutta la sua vita. 

Questo studio ha confermato che alcuni di questi fenomeni sono il prodotto del collasso di una stella massiccia, e altri della fusione di due stelle di neutroni. Dopo anni di osservazioni  attraverso l’Osservatorio in orbita dal 2004, oggi sappiamo che i GRB sono prodotti da getti di energia e materia lanciati da un buco nero che si espandono a velocità prossime a quelle della luce. Le particelle trasportate dal getto vengono accelerate attraverso onde d’urto o in regioni di riconnessione magnetica, convertendo l’energia cinetica (o magnetica) in radiazione elettromagnetica, che tipicamente ha il suo picco nei raggi gamma. Successivamente il getto emette radiazione a più basse frequenze nell’incontro e interazione con il mezzo interstellare, dando origine alla cosiddetta fase di afterglow, che può protrarsi da minuti, ore fino a mesi dopo il lampo gamma iniziale. Il decadimento rapido (steep decay) segna il limite di demarcazione tra la conclusione della fase iniziale impulsiva, dove viene rilasciata gran parte della radiazione di alta energia, e l’inizio dell’afterglow. La sua caratteristica rapidità di decadimento in flusso è generalmente associata alla geometria curva della superficie del getto al cui interno le particelle vengono accelerate per poi dissipare la propria energia sotto forma di radiazione.Tuttavia, questo scenario, da tempo accettato dalla comunità scientifica per interpretare lo steep decay, fallisce nel riprodurre la relazione spettrale trovata dal team di ricerca. L’evidenza osservativa ha quindi imposto una modifica di paradigma per l’interpretazione teorica e la soluzione è stata trovata assumendo un raffreddamento adiabatico delle particelle. Per raffreddamento si intende il processo attraverso il quale le particelle perdono la loro energia iniziale, mentre il termine adiabatico si riferisce all’espansione del volume che contiene le particelle, il quale non scambia calore con l’ambiente esterno. gssi

“Iniziai ad accorgermi che stavamo osservando qualcosa di unico quando nell’analisi dei dati continuavo a trovare questa forte evoluzione spettrale, indipendente dalle caratteristiche dei lampi gamma. Da lì abbiamo iniziato ad intuire la potenzialità del risultato” afferma Samuele Ronchini, studente al terzo anno di dottorato presso il GSSI e aggiunge “Mettere in discussione modelli ben radicati nella comunità scientifica non è certo semplice e portare avanti questo lavoro è stata una responsabilità significativa. Tuttavia la perseveranza, la competenza e l’appoggio di tutto il gruppo di ricerca hanno permesso di arrivare fino in fondo e di ottenere i risultati sperati”.  

Tale risultato ha un profondo impatto sulla comprensione dei processi di emissione e raffreddamento delle particelle accelerate nei GRB. 

Futuri osservatori in banda X a largo campo di vista in grado di monitorare l’intera evoluzione dei GRB fin dai primi istanti dall’esplosione saranno cruciali per comprendere a fondo il risultato trovato estendendo il lavoro ad un campione più ampio e in altre bande dello spettro. Marica Branchesi, professore ordinario al Gran Sasso Science Institute e co-autrice del lavoro, sottolinea: “La comprensione dei meccanismi alla base di questi eventi catastrofici è di primaria importanza anche nel contesto dell’astronomia multimessaggera. Lo studio combinato di onde gravitazionali e radiazione elettromagnetica associate ai GRB potrà in futuro chiarire molte questioni aperte legate alla natura degli oggetti compatti che li generano, alla loro distribuzione su scale cosmologiche, nonché alla fisica dei getti e all’accelerazione di particelle al loro interno”. 

La ricerca che ha portato a questi risultati ha ricevuto finanziamenti dal programma Horizon 2020 dell’Unione Europea nell’ambito del progetto AHEAD2020. 

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