
Goriano Sicoli– Ci sono mestieri che raccontano un tempo, un mondo, un modo di vivere. Mestieri che resistono come fili preziosi di memoria in un tessuto che cambia. Tra questi, quello del materassaio, un’arte antica che nel Centro Abruzzo ha ancora un custode: Eugenio Trinetti, 58 anni, di Goriano Sicoli, uno degli ultimi artigiani capaci di realizzare a mano materassi di lana, come si faceva un secolo fa. “Ho imparato da bambino, a 13 anni, accanto a mio padre e a mio nonno – racconta Eugenio, mentre cuce con un lungo ago la stoffa che racchiude la lana cardata –. È un lavoro che profuma di casa, di famiglia, di tempo paziente. Non si lavora più come un tempo, ma per chi conosce il valore della lana, questo resta un mestiere irrinunciabile.” La lana di pecora, tosata dai greggi del territorio e cardata per eliminare le impurità, è stata per decenni il materiale principe del riposo: calda d’inverno, fresca d’estate, naturale e resistente. Poi sono arrivati i materiali sintetici, l’industrializzazione e la logica dell’usa e getta, e con loro la lenta scomparsa di un mondo fatto di manualità e saperi tramandati.


Eugenio ricorda con nostalgia i tempi in cui si lavorava nelle piazze dei paesi, tra cortili e strade, cucendo e cardando la lana davanti alle case dei committenti. “Era un mestiere itinerante – racconta – si viaggiava con gli strumenti, si cardava a mano con due piastre di chiodi di ferro e si riempivano i materassi con la lana appena pulita. Poi negli anni Ottanta aprimmo il primo laboratorio a Goriano, e nei Novanta una piccola fabbrica a Raiano. Il lavoro aumentava, arrivavano le prime macchine, ma la parte più importante, quella delle mani, non è mai cambiata.” Oggi il mestiere sopravvive tra passione e fatica. “La lana ha un fascino che nessun materiale potrà mai sostituire – dice – perché chiude un ciclo con la natura e con la storia della nostra terra. Mi piacerebbe trasmettere questo sapere alle nuove generazioni, ma so che non è facile: il futuro corre veloce, e le tradizioni rischiano di perdersi.” Eppure, Eugenio continua. Si sposta ovunque, anche lontano, per chi ancora sceglie il materasso di lana, simbolo di un riposo autentico e di un legame profondo con la pastorizia e la cultura abruzzese. “Non è solo un lavoro – conclude – è un atto d’amore verso chi mi ha insegnato e verso questa terra. Ogni materasso che cucio è un pezzo della mia storia, di quella di mio padre, di mio nonno e di tutti i clienti che ancora credono nel valore delle mani.” Una storia che profuma di lana, memoria e resilienza, intrecciata al cuore dell’Abruzzo interno, dove il tempo, a volte, sa ancora aspettare.









