
In Abruzzo la sanità pubblica è in piena emergenza. Non si tratta più di segnali isolati o criticità temporanee: i numeri parlano chiaro e raccontano una crisi strutturale, profonda, che sta mettendo in ginocchio il sistema sanitario regionale. A dirlo sono i dati ufficiali: nei primi sei mesi del 2025 il disavanzo ha già raggiunto i 128 milioni di euro, con una proiezione allarmante per il resto dell’anno. Una voragine che si allarga di anno in anno, nonostante le coperture straordinarie — come il fondo GSA e il fondo Playback — che agiscono ormai come semplici cerotti su una ferita aperta. Senza queste misure-tampone, il buco di bilancio sarebbe ancora più drammatico. Il quadro è sconfortante: liste d’attesa interminabili, fuga dei pazienti verso altre regioni (la cosiddetta mobilità passiva), livelli essenziali di assistenza sotto la soglia minima. Eppure, la Giunta regionale sembra ignorare tutto questo. Nessun cambio ai vertici delle ASL, nessun piano straordinario, nessuna assunzione di responsabilità. Anzi: si confermano i dirigenti che hanno gestito — o mal gestito — questa crisi. È come se il fallimento venisse premiato. E mentre la sanità affonda, a farne le spese sono anche altri settori vitali: si taglia su trasporti, agricoltura, turismo, cultura, infrastrutture. La coperta è corta e la Regione, pur di tappare un buco, ne sta aprendo altri. Il rischio è concreto: o si interviene con decisione, oppure l’Abruzzo rischia la paralisi. E non è solo una questione di conti pubblici, ma di diritti negati. Perché quando la sanità non funziona, chi ha meno risorse resta indietro, rinuncia a curarsi, paga due volte: con le tasse e con l’attesa. Il gruppo consiliare “Abruzzo Insieme”, con i consiglieri Giovanni Cavallari e Vincenzo Menna, lancia un appello chiaro: basta proclami, basta immobilismo. Serve un cambio di passo immediato. Serve una gestione seria, trasparente, competente. Perché la sanità non è un lusso, ma un diritto. E l’Abruzzo, oggi più che mai, non può permettersi di perderlo.









