
Non è una battaglia di parte. È una battaglia per l’anima dell’Abruzzo. Per quei piccoli comuni montani che non sono solo cartoline, ma storie vive. Paesi dove la gente resiste, ma sempre più spesso è costretta ad andarsene. Dove le scuole chiudono, i medici scarseggiano, gli autobus passano di rado e aprire un’attività è una corsa a ostacoli. E dove, tra il 2016 e il 2022, sono spariti più di 14.000 abitanti. Lo ha ricordato con forza il consigliere Antonio Di Marco, intervenendo in Comitato per la Legislazione sulla Legge Regionale 32 del 2021, nata per contrastare lo spopolamento delle aree montane. «È una buona legge – dice – ma da sola non basta. Servono interventi urgenti, strutturali, una visione politica chiara e un patto serio con il Governo nazionale». I numeri ci sono. Sono state 1.768 le domande per incentivi ai nuovi residenti, 1.098 quelle accolte. Crescono gli assegni di natalità, sono stati rimborsati i costi scolastici in Comuni senza scuole statali, e si sono aperti ambulatori pediatrici grazie ad accordi con le ASL. Ma qualcosa non funziona: solo il 2% dei nuovi arrivati ha aperto un’impresa. I contributi raddoppiati non bastano se attorno c’è il deserto dei servizi. La burocrazia è ancora un muro, gli uffici comunali sono spesso sguarniti, i trasporti pubblici sono un dramma quotidiano. E chi abita nelle aree interne si sente, sempre di più, un cittadino di serie B. «Nel 2025 – incalza Di Marco – è inaccettabile che la distanza geografica diventi distanza dai diritti. Serve coraggio. Serve una politica regionale capace di guardare oltre i bandi una tantum. Serve rispetto per gli amministratori locali, che ogni giorno combattono contro isolamento e disillusione». Le aree interne non chiedono carità. Chiedono di poter vivere. E quando si svuotano loro, si svuota anche la credibilità delle istituzioni. E forse, anche un pezzo dell’identità dell’Abruzzo intero.








