
“Le dichiarazioni del Ministro Foti scoraggiano chi da anni lavora per ridare vita ai borghi italiani. Non servono parole, ma politiche mirate e moderne”. È netto il giudizio di Angelo Radica, presidente di ALI Abruzzo, che risponde alle recenti affermazioni del Ministro criticando l’approccio semplicistico al tema dello spopolamento delle aree interne. Per Radica, il cuore del problema è noto: “L’età media in molti borghi è superiore ai 60 anni. Abbiamo costruito servizi tarati su questa fascia, ma chi ha una famiglia giovane cerca altro: connessione internet stabile, spazi di socialità, servizi moderni. Senza questi elementi, è difficile attrarre nuovi abitanti”. Il presidente di ALI Abruzzo individua alcuni nodi cruciali: Frazioni isolate che non riescono più a garantire servizi essenziali; Scuole difficili da mantenere, dove la didattica a distanza potrebbe essere una risorsa, se ben sviluppata con nuove tecnologie (realtà aumentata, ologrammi); L’illusione delle case a 1 euro, che spesso non portano veri residenti, ma solo turisti stagionali. “Un giovane che lavora in smart working – spiega Radica – se sceglie di vivere in un borgo, non vuole restare chiuso in casa. Cerca spazi condivisi, coworking, luoghi di aggregazione simili a quelli urbani. Serve una visione moderna, dove il benessere passa anche per le esperienze all’aria aperta, il contatto con la natura e uno stile di vita sano”. E fa un esempio: “I borghi devono investire in esperienze outdoor come trekking, percorsi in mountain bike o yoga nei prati. Le amministrazioni devono facilitare la nascita di cooperative agricole locali, perché oggi le persone vogliono mangiare sano, ma non hanno tempo o voglia di coltivare un orto. E allora cercano prodotti sostenibili a chilometro zero”. Secondo Radica, la chiave è integrare tradizione e innovazione. “Se l’anziano ama il tempo lento, la panchina, il bar del paese, chi arriva oggi vuole vivere il borgo con uno stile diverso. Non si tratta di snaturare l’identità dei luoghi, ma di offrire opportunità nuove. E a volte, se un borgo non può garantire certi servizi, è giusto aprirsi a soluzioni private: alberghi diffusi, ospitalità di qualità, turismo esperienziale”. Un esempio virtuoso? “Santo Stefano di Sessanio, dove un progetto privato ha trasformato il borgo in un modello di ospitalità diffusa”. “Non bastano i bonus o i titoli altisonanti – conclude Radica –. Per salvare i borghi serve una politica che guardi al futuro, che capisca le esigenze di chi vuole vivere in questi luoghi con uno sguardo nuovo. Innovare senza perdere l’anima: questa è la vera sfida”.