
Un nuovo passo per le Terre Alte italiane: il Senato ha approvato in via definitiva il Disegno di legge sulla Montagna, il primo dopo decenni – i precedenti risalgono al 1952 e al 1994. La norma porta con sé il rafforzamento del Fosmit, il Fondo per lo sviluppo della montagna italiana, con una dotazione di 200 milioni di euro l’anno dal 2025 al 2027. Le risorse saranno destinate a settori chiave: incentivi e agevolazioni per medici, insegnanti e infermieri che sceglieranno di lavorare nei comuni montani; sostegni alle scuole con la possibilità di ridurre il numero minimo di alunni ed evitare le pluriclassi; crediti di imposta per le professioni legate alla montagna; interventi su agricoltura, foreste, mobilità, turismo e digitalizzazione. L’obiettivo dichiarato è chiaro: contrastare lo spopolamento e ridare vita a terreni e immobili oggi abbandonati. Ma, come sottolinea Luigi Fasciani, sindaco di Molina Aterno e vicepresidente nazionale di Uncem, il nodo centrale sarà nei criteri. “Il decreto dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni – spiega –. È fondamentale stabilire parametri chiari per definire quali siano i comuni montani, senza rischiare di escludere territori già inseriti in strategie nazionali come quella delle Aree Interne. Se prevale una logica puramente altimetrica o legata alle pendenze, basta una differenza di cinquanta metri sul livello del mare per decidere chi potrà usufruire di benefici vitali, come la riduzione del numero minimo di alunni nelle scuole”. Per Fasciani, la legge rappresenta un cambio di passo rispetto a norme ormai superate, ma rimangono due grandi sfide aperte: le risorse – insufficienti se rapportate all’intero territorio nazionale – e la governance. “Duecento milioni non bastano. Servono istituzioni di governo forti, capaci di coordinare le diverse programmazioni già in atto: Aree Interne, Gal, Green Communities. Dopo l’abolizione delle Province e delle Comunità montane, tocca alle Regioni costruire strumenti nuovi e coerenti, in grado di creare programmazioni unitarie e non frammentate”. Il futuro della montagna, dunque, non dipende solo da fondi e incentivi, ma da regole e scelte politiche capaci di leggere davvero la realtà dei territori.









