
C’è un’idea che spesso si fa largo nel pensiero comune: una volta entrati in carcere, le persone scompaiono. Come se la detenzione cancellasse ogni diritto, ogni problema, ogni legame con la società. Ma la realtà è ben diversa. A ricordarlo con fermezza è stato l’assessore regionale alle Politiche sociali Roberto Santangelo, durante una visita al carcere di alta sicurezza di Sulmona. Una visita non di facciata, ma fatta di ascolto, confronto e attenzione. Accompagnato dalla Garante regionale dei detenuti Monia Scalera, Santangelo ha voluto guardare da vicino la vita dietro le sbarre: ha incontrato il direttore dell’istituto, Stefano Liberatore, ha visitato le sezioni, ha parlato con i detenuti. Lo scopo? Raccogliere voci, segnalazioni, bisogni. Capire dove intervenire e come farlo, insieme, in rete con tutte le istituzioni coinvolte. Non si è parlato solo di sicurezza, ma anche – e soprattutto – di diritti, di salute mentale, di formazione, di reinserimento. Temi che spesso restano fuori dal dibattito pubblico, ma che toccano da vicino non solo chi è detenuto, ma tutta la società. Perché il carcere non deve essere un luogo di abbandono. Deve essere uno spazio dove la giustizia si coniuga con l’umanità. Santangelo ha sottolineato l’urgenza di rafforzare la presenza sanitaria e psicologica, offrire più opportunità formative e lavorative, migliorare le condizioni logistiche, costruire veri percorsi di reinserimento. Ma soprattutto ha voluto accendere un riflettore su chi lavora ogni giorno tra quelle mura: il personale di polizia penitenziaria. Uomini e donne che, spesso in condizioni di sottorganico e con scarse risorse, garantiscono sicurezza, ma anche equilibrio e umanità all’interno di un sistema complesso. “La detenzione non deve mai diventare abbandono”, ha detto. E non è solo una dichiarazione politica: è una presa di posizione che ci riguarda tutti. Perché una società che si prende cura anche di chi ha sbagliato, è una società più giusta, più sicura e più civile









