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POPOLI – “Le tragedie che si stanno consumando in questi giorni evidenziano una grave carenza nel nostro territorio dovuta ai continui tagli a carico delle realta’ comuni, sono state commesse scelte politiche sbagliate il cui prezzo, amarissimo, viene pagato dalla gente. Ancora una volta ribadiamo l’importanza di poter contare su un ospedale, sopprimerlo significa far danno a tutti quei cittadini che, oseremo dire coraggiosamente, continuano a vivere in realta’ spogliate che garantiscono sempre meno”. Lo scrivono i consiglieri comunali di Popoli Mario Giuseppe Lattanzio e Vanessa Combattelli che per salvaguardia dell’ospedale di Popoli scrivono direttamente al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Possiamo fare la differenza salvando quel che resta, noi del gruppo consiliare ‘Prima Popoli’ ci siamo appellati al Presidente Mattarella affinche’ garantisca a tutti la sicurezza di poter contare sul nostro ospedale, non siamo disposti a farci prendere in giro: puntualmente lo stato ci ricorda quando i riflettori sono puntati su di noi, si ricordano della gente a tragedia consumata. Non siamo piu’ disposti a lasciarci prendere in giro – proseguono i due esponenti politici – Popoli e i cittadini le hanno provate tutte. Ci appelliamo al sindaco Galli, che risponde all’area politica (del governo e della regione, PD) di coloro che condannano l’ospedale di Popoli, chiediamo a lui di intervenire sul serio, mettendo nero su bianco, le parole non risolveranno alcuna tragedia, se davvero si vuole bene al paese e se davvero si vuole dare una risposta contro questa classe politica determinata ad uccidere le realta’ comuni, chiediamo a Galli di dimettersi e riconsegnare la fascia al prefetto che e’ il rappresentate del governo. Per Popoli e per i popolesi, per tutta quella gente che fa riferimento al nostro ospedale, un bene che vale molto di piu’ di qualsiasi carica politica – concludono Lattanzio e Combattelli – umilmente noi chiediamo un’azione concreta volta a salvaguardare tutti, anche a riflettori spenti, anzi, esattamente a riflettori spenti”.

Andrea D’Aurelio

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