
Uno studio mostra che i nostri gusti estetici hanno reso simili tra loro animali molto diversi, con conseguenze sulla loro salute
Chi può resistere allo sguardo di un carlino o di un gatto persiano? Quei musi rotondi, piatti, con occhi grandi e naso all’insù, sembrano fatti apposta per suscitare tenerezza. Ed è proprio così. Nel tempo, gli esseri umani hanno selezionato intenzionalmente questi tratti nei cani e nei gatti per renderli più “adorabili”, più simili a neonati, più vicini alla nostra idea di affetto. Ma dietro a quella che sembra solo una questione estetica si nasconde una verità biologica complessa e, per certi versi, preoccupante. Uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences e condotto da un team internazionale guidato dai biologi evoluzionisti Jonathan Losos (Washington University) e Abby Grace Drake (Cornell University), ha scoperto che cani e gatti brachicefali — ovvero con il cranio corto e il muso schiacciato — si sono evoluti, a causa della selezione umana, in una direzione che li ha resi più simili tra loro che ai loro antenati selvatici. In natura, l’evoluzione richiede milioni di anni. Ma quando siamo noi a “guidarla”, il cambiamento può essere molto rapido. Nel caso di razze come il carlino, il bulldog francese o il gatto persiano, il desiderio umano di “facce da cucciolo” ha portato a una convergenza evolutiva artificiale: specie molto diverse, come cani e gatti, hanno sviluppato morfologie craniche simili, pur appartenendo a famiglie animali lontane. Per arrivare a queste conclusioni, il team ha analizzato 1810 crani di cani e gatti domestici — di razza e non — confrontandoli con quelli di decine di specie selvatiche. Utilizzando modelli 3D e punti anatomici di riferimento, i ricercatori hanno osservato che le razze brachicefale non assomigliano più a lupi o felini selvatici, ma si assomigliano tra loro, come se appartenessero a una nuova categoria “ibrida” modellata dalle nostre preferenze. Se da un lato queste modifiche hanno portato a un’estetica che molti trovano irresistibile, dall’altro hanno compromesso la salute degli animali. I crani brachicefali mostrano una regione nasale schiacciata, un palato inclinato verso l’alto e una gola ristretta: questo rende difficile la respirazione, specie durante l’esercizio o in ambienti caldi. Alcuni gatti, come i persiani estremi, non hanno nemmeno ossa nasali ben sviluppate. I problemi respiratori si accompagnano spesso a disturbi oculari, dentali e neurologici. «Li alleviamo per farli apparire carini, ma ciò ha portato a problemi di salute davvero gravi», spiega Drake. «Abbiamo cancellato milioni di anni di evoluzione naturale, per costruire un’idea tutta nostra di bellezza». Questo studio mette in evidenza il potere delle nostre scelte — anche quelle che sembrano innocenti. Quando scegliamo un animale da compagnia, influenziamo direttamente il modo in cui quella specie evolve. E sebbene sia affascinante osservare come l’evoluzione possa essere “accelerata” dalla selezione artificiale, i ricercatori invitano a riflettere sul senso di responsabilità che ne deriva. «Il benessere degli animali dovrebbe essere la nostra priorità», sottolinea Losos. «Dobbiamo chiederci: cosa stiamo scegliendo davvero, quando scegliamo un volto carino?» I prossimi passi saranno capire quali geni esattamente controllano queste caratteristiche brachicefale. Sapere con precisione cosa le provoca potrebbe aiutare a limitare le forme più estreme e magari progettare una selezione più etica e sostenibile. Per chi sta pensando di accogliere un animale in casa, il consiglio di Drake è semplice e pieno di buon senso: «Scegliete un meticcio da un canile. Avrete un compagno affettuoso e spesso più sano. E, magari, contribuirete anche a un futuro più giusto per tutti gli animali».