
Negli ultimi anni, i droni – quei piccoli velivoli senza pilota – non sono più solo strumenti di sorveglianza. Oggi sono protagonisti di vere e proprie operazioni militari, spesso lanciati in gruppo, come uno “sciame”, per colpire bersagli precisi o confondere i sistemi di difesa. Ecco come funzionano e perché stanno diventando una sfida per gli eserciti di tutto il mondo. Il 13 giugno 2024, l’Iran ha lanciato oltre 100 droni contro Israele. Tra questi c’erano gli Shahed-136, droni economici ma molto pericolosi. Sono costruiti con materiali semplici come schiuma e legno, lunghi circa 3,5 metri, e trasportano un’esplosione da 40-50 kg. Ogni drone vola seguendo un percorso già programmato grazie al GPS: una volta lanciato, non può più cambiare direzione né ricevere ordini. Il punto di forza di questi attacchi è la quantità. Anche se i droni non sono sofisticati, arrivano in massa: tanti piccoli velivoli che saturano i radar e obbligano le difese a reagire in fretta, spesso esaurendo le munizioni più costose. È una strategia che punta più a “confondere” che a colpire con precisione. Ma esistono sciami molto più avanzati. L’Ucraina ha messo in campo droni più piccoli e intelligenti: nell’operazione “Spiderweb”, lanciata il 1° giugno, 117 droni quadricotteri (simili a quelli usati per le riprese aeree) sono stati nascosti in baracche trasportate vicino a basi russe. Una volta attivati, i droni hanno riconosciuto da soli i bersagli – aerei militari russi – e si sono lanciati contro di essi, anche senza il controllo diretto degli operatori. Grazie a un sistema “visivo”, i droni hanno imparato a riconoscere l’aspetto degli obiettivi e a colpirli in autonomia, anche se il segnale radio veniva interrotto. Questo tipo di intelligenza li rende molto più pericolosi, perché non basta spegnergli il segnale per fermarli. Negli Stati Uniti si stanno sviluppando tecnologie ancora più sofisticate. L’esercito americano ha già testato bombe intelligenti che, una volta lanciate insieme, sono in grado di “parlarsi” tra loro e decidere quale bersaglio colpire. Inoltre, programmi come OFFSET della DARPA vogliono permettere a un solo pilota di guidare fino a 250 droni contemporaneamente in una città, mappando ogni strada in tempo reale, come se fosse una versione avanzata di Google Maps… ma armata. La Cina sta sviluppando un super drone gigante, che rilascia cento piccoli droni in volo, come una nave madre. Nel frattempo, Israele sta progettando laser per distruggere i droni senza usare razzi costosi, puntando a un sistema più veloce ed economico. Siamo ormai vicini a un futuro in cui i cieli potrebbero essere affollati da sciami di droni autonomi, che imparano, si coordinano tra loro e decidono da soli come attaccare. In risposta, si stanno studiando “armi digitali” che possano confonderli, farli sbagliare rotta o addirittura farli scontrare tra loro. Una cosa è certa: questa nuova forma di guerra aerea è appena cominciata – e cambierà per sempre il modo di difendersi e di combattere.