
Otto bambini nati sani nel Regno Unito grazie a una tecnica innovativa di fecondazione assistita che utilizza il DNA di tre persone. L’obiettivo non è l’eugenetica, ma la prevenzione di malattie genetiche gravi trasmesse dai mitocondri, le centrali energetiche delle nostre cellule. Queste patologie, spesso invalidanti e a volte letali, colpiscono circa un neonato ogni 5000. La tecnica, chiamata donazione mitocondriale, consiste nel trasferire il nucleo di un ovulo fecondato della madre, portatrice di mitocondri difettosi, all’interno di un ovulo donato con mitocondri sani. Il bambino così concepito eredita il DNA nucleare di madre e padre, ma mitocondri funzionanti da una terza persona. È per questo che i media parlano di fecondazione a tre genitori. Questa procedura non ha nulla a che vedere con l’eugenetica, che nel passato ha giustificato scelte coercitive e discriminatorie. La donazione mitocondriale non seleziona tratti estetici o intellettivi, ma mira soltanto a impedire la trasmissione di patologie gravissime. Il Regno Unito è stato il primo Paese a regolamentare questa tecnica, nel 2015, dopo anni di ricerche e dibattiti pubblici. L’unico centro autorizzato a eseguirla è quello dell’Università di Newcastle. Nel corso della ricerca, 22 donne portatrici di mutazioni mitocondriali sono state sottoposte al trasferimento pronucleare, la tecnica più studiata. Da queste procedure sono nati otto bambini, quattro maschi e quattro femmine, tutti in buona salute: il più grande ha due anni, il più piccolo meno di cinque mesi. Solo tre hanno avuto lievi problemi transitori, senza conseguenze. Le analisi genetiche hanno confermato livelli minimi o nulli di mitocondri mutati nei neonati. Tuttavia, gli scienziati sottolineano l’importanza di un monitoraggio a lungo termine per valutare la sicurezza e l’efficacia della tecnica. Attualmente, nel Regno Unito la procedura è autorizzata solo per donne con elevato rischio di trasmettere malattie mitocondriali, in alternativa al test genetico preimpianto o ad altre opzioni come la donazione di ovociti o l’adozione. Per questo si parla di “risultati cautamente positivi” e si invita a una regolamentazione globale più chiara per questa nuova frontiera della medicina riproduttiva. Gli autori degli studi sottolineano come le coppie debbano essere accompagnate da un counseling medico personalizzato. “Le donne a rischio dovrebbero poter scegliere tra diagnosi prenatale, test preimpianto, donazione mitocondriale, donazione di ovociti, adozione o la scelta di non avere figli”, spiegano i ricercatori. Questa tecnica apre quindi una prospettiva rivoluzionaria, ma anche un delicato dibattito bioetico: è giusto usare strumenti scientifici così avanzati per prevenire malattie, anche se il confine con la manipolazione genetica appare sottile?









