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San Biagio e la Candelora, due feste della tradizione cristiana. San Biagio fu un medico vissuto tra il III e il IV secolo a Sebaste, in Cappadocia, di cui fu Vescovo, e venne perseguitato dall’imperatore Licinio che già nel 319 aveva ordinato una vasta campagna persecutoria anticristiana in tutto l’oriente, in particolare in Pannonia e in Cappadocia, fa arrestare ed imprigionare il vescovo Biagio. Durante la prigionia quest’ultimo viene selvaggiamente picchiato, appeso ad una trave dove con forcole di ferro gli viene scorticata la pelle. Dopo qualche giorno viene gettato in un lago dal quale esce salvo e allora, dopo un ulteriore trattamento di sevizie, viene decapitato insieme a due fanciulli di fede cristiana.
La leggenda vuole che siano state decapitate, subito dopo e nello stesso luogo, sette giovani fanciulle cristiane sorprese a raccogliere il sangue che scorreva dal suo corpo durante il supplizio.
Vengono riconosciute le sue qualità di Santo e viene invocato come protettore dalle malattie di gola perché durante la sua prigionia ha salvato un ragazzo che stava per morire a causa di una lisca di pesce conficcata
nella gola.

L’Abruzzo, oltre alla tradizione religiosa legata a tale giorno, segue la tradizione culinaria che prevede la preparazione dei famosi taralli, dolci o salati. Questi, dopo essere stati benedetti durante la messa del giorno, vengono regalati ad amici e parenti di qualsiasi età, come un auspicio a proteggere la gola dai mali che potrebbero interessarla. Anticamente, ad esempio, i taralli erano considerati fonte di guarigione di una diffusa malattia che era il gozzo, ossia l’ingrossamento della tiroide.

I taralli di San Biagio, particolarmente diffusi nel pescarese, vengono preparati con devozione dalle massaie abruzzesi, e, portati in Chiesa per essere benedetti nel giorno dedicato al Santo. Ne esistono varianti dolci e salate, essenziale è però la loro forma a ciambella che ricorda simbolicamente la gola di cui San Biagio è protettore.

Un rito singolare, che risale al XVI secolo, viene perpetuato a Taranta Peligna. Dalla sera del 31 gennaio, i confrati, assistiti dai devoti, iniziano ad ammassare la pasta per i panini sacri chiamati “panicelle”, utilizzando la farina ricavata dalla questua pubblica in onore del Santo. Saranno le donne, di solito con relazione di parentela con i membri della confraternita, a confezionarli con la forma tipica delle quattro dita unite come una mano benedicente ed a segnarle con il marchio del santo protettore. La mattina del giorno 3, le “panicelle” vengono portate alla funzione liturgica e benedette dal parroco. A sera, tra due ali di folla, illuminata dalle torce che in molti recano, vengono distribuiti i pani sacri tra i fedeli che le faranno consumare soprattutto ai bambini per preservarli dal mal di gola, specialità taumaturgica di San Biagio.

All’Aquila la devozione a San Biagio divenne un rito di ringraziamento per quanti scamparono al terremoto del 2 febbraio del 1703. Nelle case e nei panifici della città si prepara la “ciambella” chiamata anche torta o pizza di San Biagio per onorare il Santo. E’ una ciambella grande condita con uvetta, anice, ciliegie candite e decorata con granella di zucchero. Ogni famiglia il giorno dedicato al Santo la porta in Chiesa per essere benedetta e quindi consumata. Negli ultimi anni viene prodotta utilizzando la farina di grano Solina dell’Appennino Abruzzese.

A Castiglione a Casauria, le ciambelle vengono preparate e fatte benedire in chiesa dopo l’unzione della gola con l’olio benedetto da parte del sacerdote. Sono preparate con la pasta del pane, arricchite con semi di anice, perfette da inzuppare nel tipico Moscatello di Castiglione.

A Sant’ Omero il sacerdote benedice i forni dove saranno cucinati i taralli. Lo stesso rituale coinvolge a Controguerra anche i negozi dove i taralli saranno venduti.

A Colledimezzo, Fontecchio e Lecce dei Marsi, dove viene acceso anche un grande falò in onore del santo, vengono allestite le fiere che accompagnano i festeggiamenti religiosi.

A Pescasseroli la festa per San Biagio è detta “biagiola”: in chiesa, durante la funzione liturgica, si benedicono non solo le gole dei fedeli, ma anche dolci, caramelle e zollette di zucchero.  

A Penne, si trova il Reliquiario di S. Biagio nella Chiesa di S. Domenico in avorio ed ebano intarsiato. Contiene una calotta lavorata che ospita il cranio di S. Biagio. Per accedere alla reliquia occorrono sette chiavi, tutte d’epoca, che una volta erano in mani diverse: una era dei frati, due del magistrato e quattro di altrettanti gentiluomini della Città.

Anche a Giulianova nella cripita del Duomo di San Flaviano si conserva un reliquario, opera di oreficeria tardo gotica del 1394 del Maestro Bartolomeo di Sir Paolo. Il braccio è esposto ogni anno in occasione della festa del Santo.

Anche a Lanciano è molto sentita la festa di San Biagio: i fedeli sono soliti recarsi in pellegrinaggio nella piccola chiesa dove viene celebrato il rito dell’unzione della gola. In occasione delle celebrazioni per il santo si potranno degustare i famosi taralli di San Biagio, semplici o all’anice, in vendita nelle bancarelle allestite lungo le vie del centro.

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