
Colon cancer. Colon disease concept. 3d illustration
Una nuova speranza arriva per i pazienti con tumore al colon-retto. Un gruppo di scienziati italiani, in collaborazione con importanti centri internazionali come il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, ha scoperto un modo per rendere questo tipo di tumore più visibile e quindi attaccabile dal sistema immunitario. La chiave? Una combinazione di due farmaci chemioterapici. Negli ultimi anni, l’immunoterapia – che stimola il sistema immunitario a combattere il cancro – ha rivoluzionato la cura di alcuni tumori, come il melanoma e il cancro ai polmoni. Ma per il tumore al colon-retto metastatico, purtroppo, questa terapia funziona solo nel 5% dei casi. Il motivo? Il sistema immunitario spesso non “vede” il tumore, che riesce a nascondersi e a ingannarlo. I ricercatori, guidati dai professori Alberto Bardelli e Giovanni Germano, hanno cercato una strategia per “accendere i riflettori” sul tumore. L’obiettivo era trasformare i tumori “freddi” (invisibili al sistema immunitario) in tumori “caldi” (facili da riconoscere e colpire). Già in passato, alcuni studi avevano mostrato che un farmaco chiamato temozolomide poteva far emergere nel tumore segnali utili al sistema immunitario. Ma funzionava solo in pochi casi. Così, i ricercatori hanno provato ad abbinare questo farmaco a un altro: il cisplatino, già usato per vari tipi di tumore. Il risultato? Insieme, questi due farmaci spingono le cellule tumorali ad accumulare tantissime mutazioni. È come se il tumore, per difendersi dalla chemioterapia, si “smascherasse” da solo. Le cellule tumorali, bombardate dalla terapia, iniziano a produrre tante nuove proteine “strane”. Per il nostro sistema immunitario, queste proteine sono un campanello d’allarme: qualcosa non va. È lo stesso tipo di reazione che il nostro corpo ha quando riconosce virus o batteri. A quel punto, le difese immunitarie si attivano. Non solo. Questa terapia modifica anche l’ambiente che circonda il tumore (detto microambiente tumorale), rendendolo più favorevole all’azione delle cellule immunitarie. È come se il “terreno” diventasse più adatto per una battaglia efficace contro il cancro. Grazie a una collaborazione con New York, i primi 18 pazienti sono già stati trattati con questa nuova combinazione. I risultati iniziali sono promettenti: le analisi del sangue dimostrano che il numero di mutazioni nei tumori aumenta davvero e che il sistema immunitario inizia a reagire. C’è ancora strada da fare, ma la direzione è chiara: non più combattere le difese del tumore, ma sfruttarle per renderlo vulnerabile. L’idea è usare terapie su misura per ogni paziente, capaci di “preparare” il tumore a ricevere l’attacco dell’immunoterapia. “Abbiamo imparato – spiega Bardelli – a non opporci alla resistenza del tumore, ma a usarla a nostro vantaggio”. Il prossimo obiettivo è trovare altre strategie per potenziare l’effetto dell’immunoterapia, magari combinando più farmaci o agendo direttamente sul rapporto tra cellule tumorali e sistema immunitario. Questa scoperta è anche un esempio concreto di come la ricerca scientifica possa arrivare velocemente al letto del paziente, grazie a programmi che formano medici-ricercatori capaci di unire scienza e cura