
C’è un confine, anche per i corpi più allenati. Un punto oltre il quale la forza di volontà non basta più, e la biologia impone la sua legge. Da anni gli scienziati cercano di capire quale sia il vero limite energetico dell’essere umano, la soglia massima di calorie che il nostro corpo può bruciare e sostenere nel tempo. Ora un nuovo studio offre una risposta sorprendente: nessuno, nemmeno gli atleti di ultramaratone o triathlon estremo, riesce a superare stabilmente 2,5 volte il proprio metabolismo basale. Un team di Massachusetts ha seguito per un anno 14 atleti d’élite, dodici uomini e due donne, specializzati in ultramaratone, Ironman e gare ciclistiche di più giorni. Gli studiosi hanno misurato il consumo energetico con un metodo sofisticato: l’acqua “doppiamente marcata”, che permette di calcolare con precisione quanta energia il corpo utilizza nel tempo. I risultati hanno confermato che, anche nei momenti di massimo sforzo, come durante le gare più dure, gli atleti arrivano a bruciare fino a sette volte il loro tasso metabolico basale (BMR). Ma nessuno riesce a mantenere quel ritmo a lungo. Dopo circa 30 settimane, tutti i partecipanti hanno visto calare il proprio consumo energetico a 2,5 volte il BMR: un limite che sembra valere per chiunque, indipendentemente dal livello di allenamento. Per dare un’idea, una persona di 68 Kg avrebbe un tetto massimo di circa 3750 calorie al giorno. Ben lontano dalle 11.000 calorie che alcuni ultramaratoneti arrivano a bruciare durante le competizioni, ma che non possono sostenere a lungo senza pagare un prezzo. E il prezzo, spiegano i ricercatori, è alto: il corpo inizia a sacrificare funzioni vitali per mantenere l’attività fisica estrema. La digestione rallenta, il sistema immunitario si indebolisce, alcune aree cerebrali si riducono temporaneamente, e perfino l’energia destinata alla sfera riproduttiva viene ridistribuita. Il limite metabolico, quindi, non è solo una questione di forza o allenamento, ma una regola biologica che protegge l’organismo dal collasso. Alcuni scienziati, come Bryce Carlson, ex atleta di ultraendurance e ricercatore, ipotizzano che il limite non sia assoluto, ma legato alla capacità di digestione e assorbimento dei nutrienti: più che un muro biologico, potrebbe essere una barriera fisiologica che la nutrizione sportiva moderna, sempre più avanzata, potrebbe un giorno spostare. Ma finora, nessuno è riuscito a farlo. Anche i migliori, gli “eroi dell’impossibile”, restano confinati dentro i margini della biologia. Un promemoria potente: il corpo umano è una macchina straordinaria, ma non infinita.









