
Campo di Fano: la comunità ricorda il suo parroco ribelle con ‘Un prete si racconta”
Lo sorso Sabato 29 marzo il Foyer del Teatro di Sulmona ha ospitato un evento carico di significato: la presentazione del libro “Un prete si racconta – Tra memoria, speranza e storia di vita di una comunità da custodire”, scritto da Raffaele Garofalo, parroco tra il 1966 e il 1989 delle frazioni di Campo di Fano (Prezza) e Torre de’ Nolfi (Bugnara), nella Diocesi di Sulmona-Valva, in provincia dell’Aquila. Edito dalla Pro Loco “Nicola di Pietro” di Campo di Fano, il volume rappresenta non solo un’autobiografia, ma anche la testimonianza di un’esperienza collettiva che potrebbe definirsi un “Modello Campo di Fano”: una comunità che, ispirata dal Concilio Vaticano II, ha trovato nel suo parroco un punto di riferimento e oggi ne celebra l’eredità.
Raffaele Garofalo, nato nel 1941 a Pacentro, si definisce semplicemente “prete” – senza il “don”, che rifiuta per il suo richiamo al latino dominus, “padrone”, riservando il titolo di Signore solo a Dio. La sua essenza emerge in una frase che riassume il libro: “Quello che dice oggi Papa Francesco, noi lo dicevamo e lo facevamo circa sessant’anni fa…”. Figlio del Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII per aprire la Chiesa alla comunità cristiana con un approccio dal basso, Garofalo incarna un cristianesimo vissuto come servizio, lontano dall’esercizio di un potere autoritario. Eppure, questa visione innovatrice, condivisa da altri sacerdoti della sua generazione, non sempre trovò terreno facile. Le frizioni con le tendenze conservatrici della Chiesa crearono una dialettica che, se meglio mediata, avrebbe potuto arricchire l’intera comunità cristiana.





Il libro non è nato da un’iniziativa personale di Raffaele, che già nel 2022 aveva autoprodotto “Chiesa Comunità Umana – Il sogno di un prete del 2000 tra fede e politica” (Edizioni Qualevita), destinato agli amici senza clamore né presentazioni. Questa volta, è stata la Pro Loco di Campo di Fano – oggi Associazione di Promozione Sociale ed Ente del Terzo Settore – a spingere per la pubblicazione. Composta da quegli ex giovani che Garofalo seguì negli anni Sessanta e Settanta, oggi adulti, la comunità ha voluto rendere tangibile la gratitudine per un prete che apriva la chiesa a tutti, anche di notte, organizzando doposcuola, attività culturali e offrendo un sostegno costante.
L’evento, moderato con vivacità da Thomas Ventresca, giovane studente di recitazione a Roma, ha visto un pubblico numerosissimo. Accanto all’autore, sono intervenuti rappresentanti istituzionali e culturali: Antonio Ferrusi (vice sindaco di Prezza), Antonietta Pace (assessore di Bugnara), Angelo Trotta (presidente della Pro Loco), Adelaide Strizzi (docente e membro dell’Associazione “Il sentiero della Libertà”), Antonio Di Fonso (docente al Liceo “E. Fermi” di Sulmona), Giovanni Ruscitti (direttore del “Corriere Peligno”) e Giuseppe Fuggetta (giornalista). A questi si è aggiunto il racconto personale dello scrivente, ex seminarista tra il 1967 e il 1970.
La serata è stata arricchita dalla lettura di brani del libro, affidata a ex studenti del doposcuola di Campo di Fano – Angelo Giammarco, Maria Ventresca, Bambina Giammarco, Mario Villani, Antonio Rosatone, Michele Pallozzi, Concetta Marinucci, Tiziana Lo Stracco – e dalla toccante lettera di Renato, studente milanese di ingegneria, inviata a Garofalo dopo la sua partecipazione al “Maurizio Costanzo Show” nel 1989. Quell’apparizione televisiva, unica nonostante le insistenze della produzione, aveva portato il prete alla ribalta nazionale, ma lui rifiutò di diventare un “personaggio”, chiedendo invece spazio per altri sacerdoti con storie simili.
A conclusione, Garofalo, abile pianista, ha regalato al pubblico le note del Preludio 1 di J.S. Bach, eseguito al pianoforte a coda, un gesto semplice e profondo, coerente con la sua natura schiva e autentica. Come disse Churchill, “non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”. Raffaele Garofalo e la sua comunità hanno dimostrato che anticipare i tempi, pur con difficoltà, può lasciare un’impronta duratura, radicata in un cristianesimo vissuto e in una pedagogia sociale che ancora oggi ispira.