
Diciassette anni e sette mesi di reclusione al patrigno e nove anni di reclusione alla madre. Si è chiuso così il processo di primo grado, davanti ai giudici del collegio del Tribunale di Pescara, sugli abusi sessuali nei confronti di una ragazzina che all’epoca dei fatti aveva appena dodici anni. I fatti sono avvenuti in un paese del Centro Abruzzo. Il patrigno, siciliano di 45 anni, era stato incastrato grazie alle telecamere e alle cimici piazzate in casa dai carabinieri, che erano intervenuti in tempo reale. La minore aveva parlato delle attenzioni morbose dell’uomo ad un’amichetta e quest’ultima aveva riferito tutto al padre naturale della 12enne, che aveva denunciato l’accaduto. Sono così scattate le indagini, da cui è emerso che le attenzioni dell’uomo, un pluripregiudicato, nei confronti della ragazzina erano andate avanti per circa un anno: dall’estate 2022 a quella del 2023. Così i carabinieri, dopo aver installato le telecamere in casa, avevano assistito alla violenza in diretta, intervenendo prontamente. Il 45enne aveva poi reagito ai militari, oltraggiandoli. L’uomo, da qel giorno, è finito dietro le sbarre ed oggi è arrivato il conto della giustizia: una pena di 17 anni e 7 mesi di cui 16 anni e 8 mesi per la violenza sessuale e 11 nesi per la resistenza a pubblico ufficiale. Alla sbarra è finita anche la madre della minore, accusata del concorso di reato. A lei i giudici hanno inflitto la pena di nove anni, in assenza di elementi evidenti di consapevolezza. La ragazzina, lo scorso novembre, aveva riabbracciato il padre naturale dopo che il Tribunale per i minorenni dell’Aquila aveva sospeso la potestà genitoriale alla madre imputata. I giudici hanno condannato la coppia al risarcimento da liquidare in sede civile, al riconoscimento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 60 mila euro e all’interdizione dai pubblici ufficiale