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CORFINIO – “La più bella omelia è quella di rimanere in silenzio” ha detto il parroco della Basilica Concattedrale di Corfinio, don Vincenzo Paura, prendendo la parola nel corso del rito funebre di Andrea Antonucci e Ryszard Barone, i due compagni di cordata, morti nel giorno di Santo Stefano sul Gran Sasso. Per il paese è il giorno del lutto cittadino e per l’intera vallata è il giorno del dolore. Un addio segnato da silenzio, commozione e bagno di folla. In Chiesa non ci si entrava. Le tre navate dell’edificio di culto erano strapiene di persone, tutte con gli occhi velati dalle lacrime. A giornalisti e fotografi è arrivato il divieto tassativo di scattare foto e girare riprese all’interno della Chiesa, su espressa richiesta dei familiari. E di fronte a certe tragedie non si può che assecondare il desiderio di quanti vivono un atroce dolore che merita rispetto. Don Vincenzo parla da “parroco affranto” e svela il sogno di qualche sera fa. “Io non sogno quasi mai”- dice nell’omelia- “ma nella tarda notte del 26 ho sognato che ero in montagna e stavo per inciampare tant’è che mi sono apparsi subito Andrea e Ryszard che mi hanno teso la mano. Mi sono svegliato di soprassalto. Quello che loro dicono a me e a voi è di non inciampare e avere coraggio”. Da qui l’appello rivolto da don Vincenzo al termine del rito funebre alla folla di fedeli e ai suoi parrocchiani: “ a capodanno non spariamo botti. Ognuno si diverta come meglio crede ma vi chiedo questa grazia in segno di rispetto”. La “supplica” del sacerdote ha preceduto il commosso ricordo di Rosy, la fidanzata di Ryszard e degli amici scout nel giorno dell’ultima scalata dei due giovani. Perché hanno raggiunto la vetta più alta. Troppo presto. Ma ognuno prova ad asciugare le lacrime immaginandoli felici e pronti a sorreggere, dall’altra parte, quanti inciampano lungo il cammino di questa vita. I due feretri escono dalla Chiesa ancora fra silenzio e commozione. Parole non servono. Solo un grande rispetto.

Andrea D’Aurelio

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