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“La Provincia autonoma di Trento prenda esempio dalla corretta gestione della fauna selvatica attuata dal Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm), dove non si sono mai registrati particolari problemi di convivenza tra umani e animali”. Così, in una nota, l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), sulla vicenda del runner morto in Val di Sole. “Nel Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, il movimento degli escursionisti è regolamentato – fa notare l’associazione- nelle zone di riserva integrale e di riserva generale è vietato uscire dai sentieri. Come si poteva pensare che reintrodurre a forza gli orsi nelle Alpi e soprattutto nella Provincia di Trento, densamente popolata, non avrebbe potuto causare qualche problema senza la messa in campo di strumenti d’informazione e di prevenzione?”, si chiede l’Oipa.

Ogni parco, ha la sua unicità. Quella del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise è l’orso bruno marsicano, una sottospecie che si è differenziata geneticamente dagli orsi delle Alpi alcune migliaia di anni fa e che una ricerca genomica realizzata dal Parco insieme all’Università di Ferrara ha dimostrato avere caratteri di minore aggressività rispetto all’orso bruno delle Alpi. Il regolamento del PNALM riduce la libertà di movimento (a piedi, a cavallo, in bici, con il cane) sui suoi sentieri e così le ipotesi di «incontro» con gli animali selvatici, orso marsicano compreso.

«L’esigenza era quella di disciplinare il modo in cui fruire della natura e limitare in qualche modo i disturbi esterni”, spiega il direttore Samarrone. “Così ho introdotto il divieto di uscire dai sentieri nelle zone di riserva integrale e di riserva generale e regolamentato la modalità di accesso delle quattro aree del Parco. Su alcune si può andare liberamente, anche con il cane, sempre al guinzaglio, o il cavallo e la bici; in altre no». Nella cosiddetta «zona A» del Parco si va ad esempio solo a piedi e solo nei sentieri escursionistici segnati in bianco e rosso. È vietato uscire dal tracciato, portare i cani al seguito, far entrare cavalli, muli e asini e qualsiasi mezzo meccanico incluse le mountain bike limitando, di fatto, anche qualsiasi atteggiamento che all’orso potrebbe risultare eccitante e scatenare da parte sua risposte di minaccia. Da noi vivono una sessantina di esemplari di orso bruno marsicano e, come per tutti gli animali selvatici, per limitare le interazioni con l’uomo è necessario togliere ogni forma di richiamo — continua Sammarone —. Regolamentare l’accesso ai sentieri ha anche il vantaggio che gli orsi imparano da dove arriva il disturbo e quindi ci stanno alla larga. Sono animali che quando vedono le persone, tendenzialmente scappano. All’interno del nostro Parco ci sono 7 centri abitati ma l’uomo in Abruzzo ha imparato a convivere da sempre con la presenza di questi mammiferi e ogni anno i pastori abruzzesi mettono in conto che qualche pecora sarà mangiata dall’orso. Dal canto nostro facciamo un monitoraggio costante della popolazione degli orsi; alcuni hanno il radiocollare, per esigenze scientifiche, e sappiamo sempre dove si trovano. La differenza sostanziale tra noi e il Trentino? Direi la diversa concentrazione antropica. In Trentino l’unità di abitanti per km quadrato è due, tre volte la nostra e le persone che frequentano la montagna sono molte di più per cui aumenta anche la possibilità di incontrare gli orsi».

L’aggressione al runner forse cambierà l’approccio nei confronti di questi animali. Ora c’è una sorta di paura diffusa, ma la vera domanda da porsi è: “Che cosa determinerà tutto questo? Non si andrà più in montagna per la paura dell’orso?. Eppure in Nord America ci sono i grizzly grossi quattro, cinque volte i nostri orsi e le persone frequentano lo stesso i parchi. La differenza che in alcune zone interdicono all’uomo l’accesso anche a piedi. Senza regolamentazioni i nostri parchi, che sono molto più piccoli di quelli americani, rischiano di diventare dei veri e propri parchi-gioco», conclude Samarrone.

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