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PESCARA – Tutto da rifare per i cinque imputati del processo sull’immigrazione clandestina che doveva aprirsi ieri al Tribunale di Pescara. Davanti ai giudici del capoluogo adriatico è passata la linea degli avvocati del foro di Sulmona, Alessandro Margiotta, Elena Splendide e Angelo Pace, secondo i quali il tribunale è incompetente territorialmente. Gli atti finiscono ora sul tavolo del giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Sulmona che dovrà emettere un nuovo decreto di rinvio a giudizio. Alla sbarra, tra gli altri, sono finiti anche i peligni S.D.C., 58 enne di Pratola, M.D.G, 65 enne di Pratola e M.T., 66 enne di Roccacasale. Due dei quali arrestati nel 2017 assieme ad una donna che, purtroppo, è deceduta. L’indagine era partita nel 2015 dopo controlli avvenuti nell’ambito della ristrutturazione post sisma che hanno condotto le Fiamme Gialle a controlli fiscali su una ditta di Popoli. Da qui la Guardia di Finanza era venuta a conoscenza di un sistema che prevedeva, dietro pagamento in contanti, il rilascio di documentazione fittizia che serviva per giustificare assunzioni, distacchi e licenziamenti del personale, con tanto di tariffario che per una busta paga si aggirava tra i 20 ed i 30 euro fino ai 500 di una finta assunzione, senza pagare successivamente i contributi all’Erario.
I finanzieri, inoltre, erano risaliti allo storico della ditta constatando come in due anni, dal 2012 al 2014, l’azienda non aveva mai acquistato materiale edilizio, né mezzi per portare avanti la sua attività evidenziando come, di contro, la crescita del personale è stata invece smisurata, da poche decine del 2010 ad un centinaio nel 2014 senza mai versare alcun contributo ai suoi dipendenti. Con un’indagine che aveva coinvolto anche l’Inps si era arrivati ad individuare i 136 lavoratori, italiani e stranieri, che grazie alla finta assunzione erano riusciti a raggiungere il limite minimo di giornate lavorative necessario a chiedere la disoccupazione, beneficiando, inoltre, di tutti gli incentivi, ammortamenti e bonus destinati al sostegno del reddito familiare. Azioni che aveva apportato all’Inps, che nel frattempo aveva congelato tutte le posizioni, ad un danno di 1milione e250mila euro. Mentre ammontano a 1.430 milioni di euro i versamenti contributivi omessi dalle tre aziende coinvolte e 1.150 milioni di euro l’Iva non pagata.

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