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Ad un anno dalla chiusura delle scuole (4 marzo 2020) e dal lockdown siamo punto e a capo, come in un déjà vu, tristissimo e tragico déjà vu. Le scuole chiudono e siamo ancora alle procedure di emergenza per assumere personale sanitario: non c’è stata alcuna scelta politica programmatica per aumentare e stabilizzare il personale necessario a fronteggiare la pandemia e curare i malati a domicilio, per mettere in atto la sorveglianza attiva e il tracciamento che, all’aumentare dei numeri, puntualmente salta. Con un sistema sanitario nazionale ed un sistema scolastico adeguati al valore che la Costituzione attribuisce loro tutto ciò non accadrebbe. Invece accade che si muore a 38 anni perché in ospedale non c’è il reparto di terapia intensiva ed intorno è tutto pieno, diventa difficile seguire adeguatamente le patologie non covid e la maggior parte degli adolescenti unita, in alcune zone, anche ai bambini ed alle bambine della scuola primaria, non frequenta più la scuola in presenza e manifesta disagi psichici ed emotivi sempre più crescenti.

La scuola e il diritto all’istruzione sono sacrificabili, senza timore di sentirsi chiedere in cambio «ristori». E la Regione Abruzzo è completamente allineata con tale prospettiva. Mentre troppe produzioni non essenziali di fronte al collasso del sistema sanitario restano aperte o non si sono mai fermate, la chiusura delle scuole nella nostra regione e nel resto del paese appare una facile scorciatoia in assenza di un progetto finalizzato ad un vero abbattimento della curva dei contagi e decessi come avvenuto con il primo lockdown. Il diritto alla salute e il diritto all’istruzione restano il fanalino di coda. Questa logica sta sacrificando tutto sull’altare del profitto, compresa la campagna vaccinale che procede lentamente e senza alcun piano trasparente e pubblico. Per fare in modo che questo anno scolastico si chiuda in presenza e sul serio occorre, nella situazione drammatica in cui siamo, un lockdown immediato e generalizzato per abbattere la curva di contagi e decessi ai quali sembra ci si sia assuefatti.

Solo nel caso di un serio lockdown avrebbe davvero senso una chiusura temporanea delle scuole unita alla garanzia di tutele e congedi per i genitori che lavorano (allo stato attuale negati perchè consentiti solo con zona rossa decretata dal Governo). Occorre stabilire però anche tempi certi per il ritorno a scuola in sicurezza realizzando tutto ciò che si invoca dal maggio scorso e che non è stato finora assicurato: potenziare il tracciamento, stabilire procedure e responsabilità chiare di intervento in caso di sospetto covid, aumentare le risorse sanitarie, fornire costantemente mascherine Ffp2 al personale scolastico, istituire le infermerie scolastiche, velocizzare e incrementare la vaccinazione della comunità scolastica approfittando della eventuale chiusura delle scuole.

Per garantire in prospettiva una scuola più vicina al dettato costituzionale occorre: fare in modo che la revisione dei criteri di composizione delle classi diventi il principale obiettivo del nuovo Ministro dell’Istruzione; scongiurare definitivamente le cosiddette «classi pollaio», ovvero avere classi con meno studenti-esse, è cruciale per la sicurezza e il miglioramento della didattica; fare in modo che la spesa dello Stato sia incrementata in modo strutturale e che il Recovery Fund sia utilizzato per un autentico rilancio della scuola pubblica.

 

 

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