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SULMONA – Braccio di ferro sui ristori negati al Cogesa. Le ex assessore della città di Sulmona, Katia Di Marzio e Catia Di Nisio, insistono sulla valenza dell’indennizzo e rispondono ai 15 sindaci del Centro Abruzzo, sostenendo che il vita contrario è stato il modo più facile per fare cassa e non il più corretto. Questa la posizione di Di Nisio e Di Marzio: “Nella nota di risposta dei Sindaci alla nostra lettera aperta leggiamo “…non accettiamo che venga piegata la realtà dei fatti per offrire una narrazione strumentale che non fa bene alla
società”. Preso atto di ciò, ci piacerebbe sapere di quale società parlano, se di quella società, partecipata dai Comuni, che presenta una perdita relativa all’anno 2022 di oltre 1.700.000,00 Euro oppure di quella società civile, composta da donne, uomini, bambini e anziani, che è costretta da anni a respirare i mefitici odori provenienti dalla discarica e i fumi di scarico dei mezzi di raccolta che affollano le strade di accesso all’impianto. I Sindaci dichiarano che hanno approvato il bilancio di previsione in quanto “atto necessario per la stabilità societaria e primo provvedimento di una politica di risanamento e rilancio”.
Spiace molto, ma non si può, al riguardo, omettere di puntualizzare che Cogesa s.p.a., da molto tempo e non solo da oggi, necessitava di un’azione di risanamento e che se, allo stato attuale, tali obiettivi (risanamento e rilancio) si pongono in termini di assoluta, drammatica e
stringente necessità, evidentemente in passato sono state compiute scelte sbagliate, avallate, consapevolmente o inconsapevolmente, anche da alcuni Sindaci. Ci permettiamo, altresì, di evidenziare che, da parte del Comune di Sulmona, le fatture vengono tempestivamente pagate entro 30 giorni ed i debiti di cui parlano i Sindaci, si
riferiscono a fatture attinenti interessi legali e tariffa plastica, fatture contestate da numerosi
soci. Una politica di risanamento e rilancio di una azienda che gestisce rifiuti di un comprensorio così ampio come quello del COGESA, non può prescindere da valutazioni di tipo ambientale
e di giustizia sociale. È necessaria una nuova politica del rifiuto che non continui ad individuare come “core business” aziendale il conferimento in discarica di rifiuti “più o menodifferenziati” e annualmente sforare abbondantemente il limite delle 20.000,00 tonnellate
autorizzate. Anche nell’esplicitazione degli investimenti che dovrebbero restituire slancio alla Società, si nota una completa assenza di visione e di modernità gestionale: TMB, CSS, vecchie sigle
per sistemi che vanno solo in una direzione, tra l’altro ormai obsoleta, esclusivamente riferita alla gestione impiantistica dei rifiuti. Finora non abbiamo visto nessuna politica per la
diminuzione della produzione dei rifiuti e per un incremento non solo quantitativo ma soprattutto qualitativo della RD.
Un piano di risanamento che non è ancora stato presentato; è stata chiesta al Tribunale una ulteriore proroga ed è quindi arduo parlarne in termini rassicuranti, come fanno i Sindaci nel loro comunicato. Le sole cose di cui abbiamo certezza sono la eliminazione del ristoro
ambientale e l’aumento delle tariffe.
Sarebbe bastato, da parte dei 15 Sindaci, un minimo di generosità e di oggettività per capire che il ristoro ambientale ha una funzione indennitaria finalizzata al ristoro dei danniambientali causati dal trattamento e smaltimento dei rifiuti, in applicazione del principio di
matrice comunitaria “chi inquina, paga” derivante, in materia ambientale, dall’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007. Era giusto ed eticamente corretto, ricordando che l’art.60
della Legge Regione Abruzzo n.19 dicembre 2007, n.45 è tuttora in vigore tanto che il parere
legale allegato alla delibera di G.R. n. 171/2014 evidenzia come “la disposizione abruzzese,
alla stregua delle altre di analogo tenore……., allo stato dell’arte non risulta oggetto di impugnativa da parte del Governo dinanzi al Giudice delle Leggi, e come tale, è ancora in
vigore e in grado di condizionare l’esercizio dell’azione amministrativa.” il COGESA è sicuramente una azienda importante, in termini occupazionali, per questo
territorio, ma è anche una azienda che tratta rifiuti e quindi rappresenta una grande criticità
perché errori gestionali, scelte impiantistiche non oculate o obsolete, determinano un
impatto ambientale enorme che subiscono però solo quei territori che ospitano le aree degli
impianti o sono contigue alle stesse.
Insomma, siamo ancora convinte che per fare cassa si è scelta la via più facile ma non la
più corretta, in termini ambientali, né la più redditizia in termini gestionali.
Catia Di Nisio

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