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SULMONA – Tre anni e cinque mesi. Il tempo scorre in fretta anche a bordo dell’auto che macina chilometri o, come nel caso del 52 enne sulmonese Bruno Trinchini, si trasforma in una seconda casa. La sua abitazione di via Tratturo è stata dichiarata inagibile per i danni dal post sisma. Dall’agosto 2016 ha cominciato la sua battaglia con la burocrazia quando gli è stata notificata l’ordinanza di sgombero. Da allora, pur potendo bussare alla porta dei suoi familiari ha preferito “vegliare” quella casa piena di affetti, passando le nottate nella sua auto, con il freddo e con il caldo, con il sereno e con la neve, nel tempo ordinario e anche nell’epoca del Coronavirus. Si fa presto a dire “resto a casa”. Ogni giorno usa quella auto per spostarsi nel nosocomio di Castel Di Sangro dove lavora mentre per cambiare panni e vestiti si appoggia a un B&B. Una vita sempre in emergenza quella di Bruno che ora si scontra con la pandemia del 2020. “Per rientrare in quella casa non si muove una foglia”- ha detto Trinchini a Onda Tg. Ad onor del vero nessuno gli impedisce di trovare una sistemazione alternativa, magari da qualche parente o amico o prendendo un appartamento in affitto, ma il sulmonese si è fatto i conti in tasca e ha deciso di portare avanti la sua “protesta” quotidiana. Resta fuori casa non per trasgredire al decreto anti-Covid ma per la lentezza dei lavori post sisma. In un momento di emergenza non servono le sterili polemiche ma ognuno può e deve fare qualcosa. Certo è che la storia di Bruno ricorda che prevenzione e programmazione sono le due parole chiave. Perché non ci si può ritrovare di fronte una nuova emergenza senza aver affrontato l’ordinario. E’ il caso del 52 enne e di tutte quelle persone che, dopo il sisma del 2009, sono ancora in attesa.

Andrea D’Aurelio

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