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“Per aiutare le giovani generazioni a crescere c’è bisogno di adulti risolti, in grado di accogliere ma anche e soprattutto di contenere, insegnando ad accettare i no della vita”. E’ un’analisi nuda e cruda quella che arriva dalla psicologia, Nicoletta Romanelli, che interviene dopo l’episodio balzato alle cronache nei giorni scorsi quando, nell’ospedale di Sulmona, un infermiere in servizio ha aggredito un medico, coniuge del professore che fa parte del Consiglio di Classe che ha ratificato a sua volta la non ammissione del figlio alle classe successiva. Una catena di attori e soggetti che ha, come comune denominatore, la scarsa capacità di aggredire i problemi alla fonte. Ed ecco che il genitore se la prende con il professore o, peggio ancora, con il marito del professore, come avvenuto l’altro giorno. L’esperta però allarga il campo della riflessione, essendo anche docente di scuola superiore. “Diciamolo chiaramente tutti hanno avuto esperienza diretta della scuola, chi semplicemente da studente, chi anche da genitore/nonno, ed in forza di tale esperienza personale, ciascuno si sente in diritto di potersi pronunciare a tal riguardo o addirittura ergersi al ruolo di esperto del settore. La scuola ė un universo assai complesso, dove coabitano varie professionalità, si avvicendano varie generazioni di alunni e si vivono ogni giorno tante situazioni differenti. C’è da dire, purtroppo, che la scuola come istituzione è stata nel tempo progressivamente e chirurgicamente esautorata della propria e precipua funzione educativa di luogo fisico e mentale di trasmissione del sapere e del saper essere, per essere relegata e svilita a mero parcheggio degli alunni”- osserva la docente psicologa. “La scuola di oggi assomiglia sempre più ad un’azienda. Si ritrova, di fatto, a subire il bullismo di tutti perché “deve” soddisfare le richieste dei propri utenti-clienti, manco fosse su Tripadvisor, che ne giudicano la bontà dell’operato non già in virtù del compito educativo che essa svolge quotidianamente nella crescita dei minori ma in base alla facilità con cui “attenua” le frustrazioni dei figli e soprattutto dei genitori. L’episodio di cronaca balzato all’attenzione della stampa locale ė solo l’ultimo in termini cronologici di una lunga lista di aggressioni verbali e/o fisiche occorse ai danni dei professionisti della scuola. La scuola ė uno spazio di ascolto e di confronto, di scambio culturale, per alcuni ragazzi l’unica occasione di riscatto offre infinite possibilità per mettersi alla prova, per scoprire nuove opportunità del sè, nuovi linguaggi e forme di espressione. La scuola educa alla cultura, allena la mente, abitua a dialogo ed al rispetto, stimola il pensiero critico, costringe a fare i conti con la realtà. Proprio quella realtà che genitori spazzaneve, iperprotettivi in modo paranoico ed ossessivo, non sono in grado di vedere e, così facendo, riversano sui propri figli fragilità ed incapacità di affrontare le difficoltà della vita”- rileva la Romanelli secondo la quale “l’argomento meriterebbe certo un ben più ampio spazio di riflessione per poter contemplare le molteplici sfaccettature implicate. Voglio chiudere questa breve disamina mettendo in evidenza due parole, l’una adolescente, participio presente che esprime l’azione in divenire del crescere e la parola adulto, participio passato dello stesso verbo, che indica un’azione compiuta, adulto. Per aiutare le giovani generazioni a crescere c’è bisogno di adulti risolti, in grado di accogliere ma anche e soprattutto di contenere, insegnando ad accettare i no della vita”.

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