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SULMONA – Aveva raggirato un’anziana con la solita tecnica del finto pacco da ritirare, riuscendo ad entrare nel suo appartamento, facendosi consegnare oro e contanti. Per A.B., 32 enne di Napoli, si è aperto oggi il procedimento penale davanti al giudice del Tribunale di Sulmona, Francesca Pinacchio. L’episodio è quello balzato alle cronache a ottobre 2019, ovvero il falso postino dall’aspetto gentile e rassicurante che si presentò a casa della sua vittima in via Cappuccini, a Sulmona, per la consegna di un pacco destinato al nipote che, ovviamente, non era in casa della malcapitata. Come da copione della truffa. Il pacco, che avrebbe dovuto contenere un costosissimo pc, è stato ritirato dall’anziana signora che al momento della consegna non aveva molta disponibilità liquida. A fronte di cinquecento euro chiesti dal finto postino, la vittima ha consegnano solo cinquanta euro in contanti, più alcuni monili d’oro per pagare la differenza. Tutto concordato con il suo truffatore che, nel frattempo, era entrato in casa della donna per “riscuotere” e aveva scoperto l’ingente quantitativo di oggetti in oro che la stessa possedeva. Decise quindi di consegnare un secondo pacco, fingendo un lapsus freudiano. E incassò altri monili per un valore complessivo di oltre diecimila euro. Incredibile ma vero. Alla fine il nipote (quello vero), rientrando a casa in tarda serata, scoprì l’ingente truffa e si presentò in Commissariato per denunciare l’accaduto. Le indagini durarono quasi un anno tra riscontri fotografici e analisi approfondite sulle impronte digitali, con i campioni inviati al laboratorio romano. Alla fine la Squadra Anticrimine, coordinata all’epoca dei fatti Dal Sostituto Commissario, Daniele L’Erario, era riuscita a risalire al responsabile. Il giovane, con precedenti specifici, dovrà rispondere del reato di truffa aggravata. Sempre nel 2019 la Polizia aveva arrestato uno dei componenti della famigerata banda del pacco, denunciando il suo complice, mentre tentavano di raggirare la congiunta di un agente. Questo a dimostrazione che le forze dell’ordine riescono ad assicurare i responsabili di simili e inumani reati alla giustizia. Per cui le vittime, oltre a prestare la massima attenzione e diffidare da chi chiede soldi per telefono o di persona, possono fidarsi degli uomini e delle donne in divisa.

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