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“E’ stato un processo andato avanti al di là ogni ragionevole durata, 10 anni terminato con la prescrizione in sede di udienza preliminare: proprio questa lungaggine e le accuse molto gravi hanno rappresentato una pena molto dura e dolorosa per me perché non sono riuscita a dimostrare ufficialmente la mia innocenza. Anche se la mia estraneità ai fatti esce fuori chiaramente dagli atti processuali e dagli errori emersi fin dalle indagini e in relazione alle varie, lunghe, fasi di questa assurda vicenda”. Così il dirigente della Regione Abruzzo, Giovanna Andreola, uno degli 11 nomi eccellenti coinvolti nella inchiesta della Procura della Repubblica dell’Aquila denominata Caligola, risalente al 2011, che si è conclusa nei giorni scorsi con la dichiarazione di prescrizione in sede di udienza preliminare da parte del Gup del Tribunale dell’Aquila. Il processo che ha tirato in ballo politici, dirigenti regionali e imprenditori, alcuni dei quali finiti per mesi agli arresti domiciliari, con l’accusa di associazione a delinquere, corruzione, soppressione di atti e rivelazione del segreto d’ufficio nell’ambito di commesse e appalti della Regione Abruzzo, è stato caratterizzato da errori, ritardi e rinvii, tra cui l’annullamento del processo e il ritorno alla udienza preliminari. “Dopo dieci anni di profonda sofferenza non avevo più la forza di affrontare altre aule giudiziarie e quindi ho accettare la prescrizione, tra l’altro chiesta dall’accusa – spiega ancora l’attuale dirigente dell’Audit della Regione Abruzzo -. Oltretutto, nei miei interrogatori ho fornito la prova sulla non veridicità dei fatti, prove che l’accusa non ha mai volute verificare. A livello umano c’è stata e c’è ancora tanta sofferenza per quello che ho patito personalmente io e la mia famiglia: al termine di questa durissima esperienza, posso dire però di avere avuto vicini tanti amici, anche persone conosciute strada facendo che mi hanno dimostrato il loro apprezzamento, il sostegno, forte e incondizionato, della mia famiglia e di quelle di origine, che hanno sofferto con me. Ed anche del mio avvocato, Francesco Carli, sempre presente con la sua competenza, la sua comprensione e il suo affetto – continua -. In questa mia difficile e dolorosa esperienza devo ringraziare l’ente per il quale lavoro da decenni: i vertici politici e dirigenziali hanno riconosciuto la mia professionalità indiscussa e hanno ritenuto che tutto ciò non dovesse inficiare il mio percorso professionale”, conclude la Andreola.

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