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SULMONA – Caro Morrone, dove eravamo rimasti. Di fronte l’inaudita e inumana immagine del fuoco che avanza sulla sacra montagna, non si può restare in silenzio né fare a meno di tirare le somme. Lo scenario brucia dentro perché il Morrone si stava man mano rigenerando. Sono riapparse le ginestre, avamposto del bosco; sono spuntati i primi alberelli dai semi delle piante bruciate; gli animali erano tornati, forse più numerosi di prima. Il Morrone come una fenice. È bastata un’ora e una mano, come si pensa, per tornare indietro di sei anni. Che rabbia. Trovare il responsabile dello scempio non sarà cosa facile se si pensa che la Procura, che per il rogo del 2017 aveva aperto un’inchiesta, non è riuscita a dare un volto e un nome agli autori del disegno criminale. Ma c’è di più. Quello che colpisce è la mancanza di mezzi e il depotenziamento di uomini, come nel caso del nono reggimento alpini, allertato in queste ore per il supporto da terra ma svilito in termini di risorse umane. Sconvolge, e ce lo ha scritto anche una lettrice in una lettera aperta “l’insufficienza delle forze da spiegare,la scarsità di mezzi,di uomini e di reparti altamente specializzati per intervenire con tempestività e risolutezza. Ma se i vertici politici,militari e i cosiddetti “pezzi grossi”, continuano a pensare solo ai loro interessi di parte,depotenziando reperti che erano diventati fiori all’occhiello, intervenuti in altre emergenze,come Rigopiano,Amatrice,gli incendi del Morrone,Pizzoferrato, Pescara, Lettomanoppello,Bolognano e decine di altri, in collaborazione con la Protezione civile,l’Ana, Vigili del Fuoco e altri gruppi di straordinari volontari, beh,dicevo,queste persone meritano tutto il mio disprezzo e il mio disappunto,da cittadina che non si sente tutelata dalle istituzioni,specie da quelle gestite da persone che per mostrare il loro “potere”, dissentono,stravolgono e invertono sistemi che funzionavano alla perfezione”. Per il Morrone fu sera e fu mattina. Sei anni.

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