SULMONA – La procura della repubblica di Sulmona ha chiuso le indagini preliminari per la morte di Antonio Di Lollo, il 46enne titolare di un’impresa di tinteggiatura, rimasto folgorato lo scorso 31 agosto mentre lavorava su un capannone di un’azienda di confetture, sulla strada statale 17, nel territorio comunale di Castel Di Sangro. Tre persone, che hanno ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini, rischiano il processo. Si tratta di F.F., proprietario del cantiere e amministratore delegato della società di confetture, D.D.A e G.G., due tecnici legati al noleggio del cestello elevatore. A loro carico il sostituto procuratore, Edoardo Mariotti, ha confermato le accuse di omicidio colposo. Nello specifico la procura contesta al proprietario del cantiere di “non aver verificato l’idoneità tecnico professionale del lavoratore e di non aver predisposto il documento unico di valutazione dei rischi interferenti” e ai tecnici di “non aver verificato l’idoneità tecnico professionale del lavoratore e se lo stesso fosse o meno in possesso dell’abilitazione per l’uso del macchinario”. Sulla scrivania del magistrato sono finite due perizie che erano state disposte per chiarire le cause del decesso di Di Lollo e per analizzare il cantiere e i mezzi utilizzati dal 46enne. L’autopsia, effettuata dall’anatomopatologo, Ildo Polidoro, ha confermato che il decesso è avvenuto sul colpo e che l’operaio è morto folgorato. Mentre la perizia tecnica ha fatto emergere che “la macchina con cestello elevatore aveva due comandi, uno in basso e l’altro in alto. Poteva essere azionata e risultava perfettamente funzionante. L’operaio doveva assumere un’altra posizione rispetto ai cavi dell’alta tensione”. Di Lollo, che era salito sul cestello elevatore per effettuare alcune prove prima di iniziare a dipingere la facciata del capannone, aveva urtato i cavi dell’Enel, rimanendo folgorato. Inutili tutti i soccorsi. Per accertare il rispetto delle misure di sicurezza intervenne il dipartimento competente della Asl 1 mentre i carabinieri si occuparono delle prime indagini e di raccogliere le testimonianze degli altri operari e di quanti avevano assistito al fatto. Ora i tre indagati hanno venti giorni di tempo per presentare le memorie difensive o per chiedere di essere interrogati alla presenza del proprio legale.