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PRATOLA PELIGNA – In ottomila pagine di indagine sono racchiuse le pesanti accuse contestate dalla Procura della Repubblica di Sulmona ai 19 uomini in divisa, tutti appartenenti alla Sottosezione di Polizia Stradale di Pratola Peligna, finiti sotto inchiesta per vari reati, commessi secondo l’imputazione dal 2019 al 2022. Un corposo fascicolo che è finito sul tavolo del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sulmona, Alessandra De Marco, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di ritiro del tesserino, depositata dal Sostituto Procuratore, Stefano Iafolla. L’interrogatorio di garanzia si terrà il prossimo 15 giugno e per gli addetti ai lavori è prematuro prevedere scenari di tipo penale e disciplinare. Tutto dipenderà dalle determinazioni del giudice. Tutti gli indagati che avrebbe agito con ” spregiudicate e pervicaci condotte in totale disprezzo nei confronti delle istituzioni”, come si legge nella richiesta della misura presentata dalla Procura, sono accusati a vario titolo di truffa ai danni dello Stato, furto, peculato, omissioni di atti d’ufficio e omissione di soccorso. Tra i 19 indagati sono finiti anche due amministratori. Le contestazioni, per la maggior parte degli indagati, riguardano l’abbandono del posto di lavoro per intrattenersi, a soli fini personali, in alcuni esercizi commerciali. Inoltre alcuni agenti, senza giustificazione, si sarebbero appartati in zone interdette al traffico per dormire all’interno dell’autovettura durante il turno di notte. Ciò con gravi conseguenze, sempre secondo l’imputazione, sulla sicurezza e sul controllo della viabilità. Alcuni degli indagati sarebbero inoltre accusati di peculato per aver utilizzato per fini privati la vettura di servizio. Mentre la contestazione dell’omissione di atti ufficio si sarebbe configurata perchè qualche agente non avrebbe prestato soccorso ad un veicolo in panne e non avrebbe proceduto alla vigilanza e ai rilievi di un sinistro stradale. Gli indagati, non tutti, si sarebbero resi responsabili perfino di furto ai danni di una stazione di servizio, portando via beni di tenue entità patrimoniale. Dal canto loro gli indagati non parlano. Lo faranno, semmai, davanti al giudice pronti a chiarire le singole posizioni

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