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SULMONA – C’è chi lo passerà a Cocullo per guadagnare la postazione privilegiata nel secolare Rito dei Serpari o in giro per la regione, nonostante il cielo plumbeo delle previsioni. C’è chi ha attrezzato l’arrostata a casa di amici e parenti, per lasciare in magazzino l’ombrello. Qualcuno festeggerà sul posto di lavoro, conquistato con le unghie e con i denti. Perchè il rosso sul calendario non è per tutti. Dai sanitari alle forze dell’ordine a quanti lavorano per i servizi essenziali. Gli “eroi” della quotidianità troppo spesso dimenticati. Ma tanti, anzi tantissimi, non potranno festeggiare visto il futuro tutt’altro che roseo. Sarà un primo maggio in cassa integrazione, ad esempio, per i diciotto operai del caseificio Reginella d’Abruzzo che dopo 70 anni di storia chiude baracca e burattini. “Una situazione complicata da diversi mesi che aveva perfino bloccato la cassa integrazione. Cambiare lavoro dalla sera alla mattina non è per tutti. Soprattutto in una determinata fase della vita”- racconta un ex lavoratore. Grazie all’accordo sottoscritto nei giorni scorsi, reso possibile dalla Cgil, i diciotto andranno avanti in cassa integrazione fino a fine anno, con la speranza di trovare una collocazione stabile mediante un percorso di formazione e informazione, essendo soggetti potenzialmente fuori dal mercato del lavoro. La vertenza della Reginella diventa emblematica per l’odierna ricorrenza tanto da superare anche la più annosa della Marelli, dove tra esuberi e incentivi all’esodo, la situazione non è migliore. Nonostante il quadro tutt’altro che rassicurante, la parola magica “lavoro” sembra sparita dall’agenda politica. Non più un riferimento nelle sedi istituzionali nè un incontro o un’iniziativa. A sollecitare la riapertura di un tavolo era stata, nelle scorse settimane, la consigliera comunale, Teresa Nannarone. Mentre Luigi Antonetti della Cgil ha spinto per l’istituzione di un ente deputato alla formazione per monitorare e accompagnare quanti si trovano fuori dai giochi. Da almeno un decennio a questa parte si cresce senza sapere bene cosa si vuole fare da grandi, anche a trenta o a quaranta anni, perchè in fondo un’idea un tempo la si aveva, ma poi ti insegnano che la realtà è tutt’altra cosa e ti devi accontentare di quello che c’è e di un lavoro che non c’è e che seppure c’è non è quello che avresti voluto fare e per di più è sottopagato. Ed è così che il giorno rosso sul calendario, il primo maggio, diventa per molti un giorno nero. Al massimo un giorno “rosso relativo”.

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