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SULMONA – Tentato omicidio, lesioni personali aggravate e porto abusivo di arma. Sono queste le accuse mosse al 52 enne di origine albanese, A.H., che il 29 luglio dello scorso anno pugnalò la sua ex moglie sotto casa, rischiando seriamente di ucciderla. Per quel tentato femminicidio, perché di questo si tratta, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sulmona lo ha citato direttamente in giudizio, senza passare per l’udienza preliminare. Il prossimo 23 novembre si entrerà nel vivo del procedimento penale con l’escussione dei testi dopo le operazioni preliminari che si sono svolte nella scorsa udienza davanti al collegio giudicante del Tribunale di Sulmona. L’uomo è attualmente detenuto nel carcere di Teramo e tutte le istanze di scarcerazione sono state respinte. È probabile che, scaduti i termini per le esigenze cautelari, il prossimo anno potrebbe passare agli arresti domiciliari. Certo è che il quadro probatorio resta solido. Il 52 enne, all’epoca dei fatti in fase di separazione dalla vittima e per questo trasferitosi a vivere in un altro domicilio, aveva atteso la moglie sotto casa aggredendola con un pugnale da caccia e inferendole  due fendenti. Il figlio maggiorenne della coppia, presente nella circostanza insieme ai due fratelli minori,  è riuscito  ad immobilizzare e disarmare il padre, rimanendo a sua volta ferito ad una mano nel corso della colluttazione che ne è seguita. Il tempestivo intervento della Volante non consentì all’uomo di portare a termine l’azione criminale posta in atto, disarmandolo immediatamente. Azione criminale chiaramente  premeditata considerato anche  il ritrovamento di una mannaia nell’auto di proprietà dell’aggressore nonché le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianze presenti in loco. Una storia che non si dimentica e che rimbomba a pochi giorni dal 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza di genere. Una vicenda che scosse l’intero quartiere tra urla, sangue e preoccupazione per la sorte della donna, ricoverata in prognosi riservata e sottoposta ad intervento chirurgico in via d’urgenza. Oggi la vittima si è costituita parte civile e trova il coraggio di dare un nome a quella violenza, figlia di un approccio culturale pressocchè nullo. Non si può intende la donna come diritto di proprietà. L’amore è un’altra cosa.

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