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RIVISONDOLI – È inammissibile il ricorso depositato dalla Procura della Repubblica di Sulmona per l’inchiesta sulla tentata estorsione a Rivisondoli. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che si è pronunciata dopo l’udienza cartolare di ieri, recependo le istanze degli avvocati difensori Pietro Savastano, Mariella Iommi e Franco Zurlo. L’impugnazione riguardava l’ordinanza cautelare del Riesame dell’Aquila che aveva revocato, lo scorso ottobre, le misure cautelari disposte per i tre indagati dell’inchiesta: sindaco, vice sindaco e avvocato di Rivisondoli. Il Tribunale aveva applicato l’obbligo di firma. I tre, per i quali si sono chiuse le indagini preliminari, sono accusati di aver chiesto la somma di circa 20 mila euro a quattro soggetti partenopei, uno dei quali condannato nei tre gradi di giudizio penali per aver costruito la scala di accesso alla propria abitazione direttamente sulla pubblica strada comunale, senza alcun titolo di proprietà. Gli indagati, sin da subito, hanno spiegato di aver agito esclusivamente per l’interesse dell’ente, fornendo ampia documentazione al riguardo, ribadendo pure che l’incontro finalizzato alla transazione è stato svolto nell’Aula Consiliare del Comune e in presenza di altri amministratori. Da qui la decisione del Riesame di annullare l’obbligo di firma disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sulmona. I giudici aquilani avevano revocato anche la sospensione dai pubblici uffici per il vice sindaco e la sospensione temporanea dell’esercizio della professione inflitta inizialmente all’avvocato dell’ente nonchè il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione. La Procura sulmonese, tramite il Sostituto Procuratore Edoardo Mariotti, ha riaperto il filone cautelare con il ricorso in Cassazione, ritenuto inammissibile dalla Corte. Non infondato come aveva detto la Procura Generale della Cassazione ma inammissibile.

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