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Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’emicrania cronica è la seconda patologia più disabilitante del genere umano, colpisce circa il 14% della popolazione, impattando fortemente sui costi diretti e indiretti che la società deve sostenere con una spesa che, solo in Italia, ammonta a oltre 3,5 miliardi di euro l’anno mentre il 5% perde più di 5 giorni lavorativi al mese. Una patologia che rende la qualità della vita difficile, soprattutto per quella che è l’occupazione della donna sia negli ambiti di vita sia di lavoro e che molto spesso è misconosciuta e non si è creduti. Questo crea anche dei contrasti negli ambienti di vita e di lavoro. Riconosciuta Nel 2020 è stata riconosciuta come malattia sociale e, di recente, il Ministero della Salute ha deciso di stanziare 10 milioni di euro per le Regioni che presenteranno dei progetti innovativi di presa in carico di questi pazienti. La scadenza per la presentazione delle progettualità al Ministero è il 31 dicembre di quest’anno. E’ molto importante per i pazienti ottenere l’inclusione della patologia all’interno dei LEA, attraverso la revisione del decreto che elenca le patologie soggette ad esenzione. E’ altresì importante che i medici che si occupano di cefalea, in particolar modo di emicrania cronica, si devono affacciare alla popolazione generale con canali comunicativi importanti e social media, veicolando messaggi delle Società scientifiche, aumentando la consapevolezza di malattie di condizione per poter far emergere quello che fino a poco tempo fa era uno stigma. Oggi la situazione dal punto di vista anche terapeutico è nettamente cambiata: abbiamo terapie mirate e disegnate per il trattamento dell’emicrania e questo permette ai clinici, a vari livelli ma in particolare agli specialisti dei Centri cefalee, di adottare dei piani terapeutici individuali in grado di ridurre in maniera importante il carico di malattia, fino a portare a situazioni di quasi annullamento della stessa. Il problema attuale è la garanzia dell’accesso alle cure per tutti i potenziali pazienti, assai limitato da varie situazioni, tra cui il numero di specialisti competenti e la stratificazione dei livelli di complessità di malattia. Queste problematiche potranno sicuramente essere migliorate nei prossimi anni mediante percorsi appropriati, dove si inseriscono i progetti sperimentali che ogni Regione potrà presentare al Ministero. È molto importante che il ruolo delle Società scientifiche italiane – in particolare della Società italiana di neurologia, della Società italiana per lo studio delle cefalee e dell’Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee- che, assieme, potranno portare il punto di vista organizzativo di livelli di assistenza. Le Società scientifiche premono per rendere più omogeneo l’assistenza ai pazienti con cefalea su tutto il territorio nazionale.

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