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SULMONA – Resta impunito l’incendio che ha distrutto l’auto del collega giornalista, Claudio Lattanzio. Almeno per ora. La Procura della Repubblica di Sulmona ha chiesto l’archiviazione del procedimento penale aperto contro ignoti dal momento che, al termine delle indagini preliminari, non si è arrivati all’identificazione dell’autore del reato. La palla ora passa nelle mani del giudice per le indagini preliminari che dovrà decidere se archiviare in via definitiva l’inchiesta o disporre nuovi indagini per venire a capo di una vicenda che presenta ancora molti lati oscuri, almeno a detta del cronista, che sarà ascoltato come parte offesa nella prossima udienza dopo quella celebrata lo scorso 10 settembre, nel corso della quale si è proceduto a un rinvio. “E’ bene che gli organi inquirenti vadano fino in fondo alla vicenda per cercare la verità. E’ un atto grave che non trova precedenti nella storia di Sulmona e colpisce tutta la nostra categoria”- afferma Lattanzio che chiederà un supplemento dell’attività investigativa. L’incendio risale alla notte tra il 14 e il 15 agosto 2019. Un ferragosto di fuoco. Il suv, una Honda Civic Crv, era parcheggiato sotto l’abitazione di Lattanzio in via Valle quando, intorno alle 3, i familiari avvertirono alcuni rumori fuori dal palazzo, accorgendosi delle alte fiamme che bruciavano il mezzo. Il rogo ha coinvolto anche un’auto situata accanto, di proprietà di un vicino di casa. In strada era accorso il vicinato, lanciando l’allarme. Che dietro quel rogo c’era la mano di un piromane si era capito subito. Ad accertarlo fu la perizia disposta dai Carabinieri di Sulmona, che si occuparono dei rilievi del caso. Dalle analisi emerse infatti che il liquido infiammabile era stato versato sulla ruota anteriore, dal lato del passeggero. Una tecnica già utilizzata in altre circostanze che permette di avere la certezza che l’auto andrà a fuoco. Il pneumatico, una volta intriso di liquido infiammabile, ha la capacità di alimentare in maniera continua la fiamma che ben presto si propaga prima al motore e quindi all’abitacolo dell’auto. Tecnica che consente al piromane di potersi allontanare con tutta tranquillità prima che divampino le fiamme e con la certezza di aver centrato l’obiettivo. L’inchiesta aperta dalla magistratura ha seguito la pista dell’atto ritorsivo, ovvero inchieste e articoli che avrebbero dato fastidio a qualcuno tanto da spingerlo a incendiare l’auto del cronista. Dagli elementi raccolti non si è arrivati a dare un nome e un volto all’autore del grave gesto anche se ora, la vittima, chiederà un supplemento di indagini per accertare se risultano fondati o meno i sospetti del tutto personali che fanno riferimento a un’inchiesta di cui Lattanzio come altri colleghi parlarono il mese prima dell’incendio. L’auspicio quindi è che si continui a cercare la verità per fare piena luce sull’inqualificabile gesto di intimidazione perpetrato ai danni di un collega e quindi dell’intera categoria.

Andrea D’Aurelio

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