SULMONA – Botte, minacce e violenza privata. Un’intera famiglia (padre, madre e figlia) è stata condannata oggi dal giudice monocratico del Tribunale di Sulmona, Francesca Pinacchio, per la lite tra i tre imputati e l’ex gestore del Canile Comunale, G.T. Sono due gli episodi finiti sotto la lente della magistratura. Il primo si verificò il 2 febbraio 2016 quando D.C. e A.E., rispettivamente madre e figlia, hanno impedito alla donna di allontanarsi dal proprio canile privato a bordo della sua autovettura. La prima si è seduta al centro della strada e la seconda si è affiancata alla madre in posizione eretta. Quest’ultima ha quindi aggredito il gestore del canile privato con graffi e percosse, aprendo la portiera, e procurandole una ferita lacero contusa della piramide nasale, un ematoma della regione zigomatica e un’escoriazione al braccio sinistro. Il referto è di cinque giorni di prognosi ma la querela di parte ha fatto scattare l’inchiesta. A chiedere l’intervento dei Carabinieri è stata D.C.  Davanti al giudice di pace, sempre per quell’alterco, si è presentata anche l’ex gestore del Canile Municipale accusata di lesioni personali cagionate a una delle due donne, giudicate guaribili in sette giorni. Il processo si chiuse con la sentenza di non doversi procedere per la remissione tacita della querela. L’altro episodio, che risale al 7 febbraio 2016, riguarda invece A.E., marito e padre delle altre due imputate, finito sotto inchiesta per aver minacciato in modo grave la sua confinante, lanciandole un pezzo di legno, cercando di scavalcare la recinzione della proprietà dell’ex gestore del Canile e pronunciando una serie di epiteti che hanno configurato la minaccia. Nel corso del processo, i tre imputati difesi dall’avvocato Silvia Iafolla, hanno spiegato di essere stati più volte ripresi con il telefono dalla donna, gestore di un canile privato che confina con un terreno adiacente di proprietà dei tre imputati. La lite sarebbe scoppiata per due cani che fanno capo alla famiglia, ritenuti pericolosi dalla persona offesa assistita in giudizio dall’avvocato Vittorio Masci, contrariamente alla tesi portata avanti dagli imputati. Il giudice alla fine ha condannato l’uomo A.E. a tre mesi di reclusione per il reato di minaccia e nove mesi di reclusione a D.C. e A.E. per i reati di violenza privata e lesioni personali. Tutti e tre sono stati condannati al risarcimento delle spese processuali oltre a una provvisionale di 2500 euro e al danno da liquidarsi in separata sede. Le motivazioni saranno rese note entro sessanta giorni e la difesa, probabilmente, ricorrerà in appello.
Andrea D’Aurelio
