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SULMONA – In prima linea e in prima fila a guidare la protesta. Il megafono in mano e addosso il camice bianco con tanto di cuore disegnato, perché lei nella sua missione ci crede e la svolge con passione. La mascherina per usare tutte le misure di sicurezza e la grinta di chi combatte con le unghie e con i denti. E’ stata la sulmonese Diana Pizzi a guidare la protesta dei giovani camici bianchi e gridi, ieri mattina nella piazza di Genova, per dire no all’imbuto formativo” e chiedere alle istituzioni  “una revisione dei contratti di specializzazione troppo difformi tra le varie regioni”. Diana ha 29 anni,  nata e cresciuta a Sulmona, ha frequentato l’università a Genova dopo aver studiato un anno in Francia. E’ neo laureata e abilitata in medicina e chirurgia, in attesa del concorso per la specialistica. La protesta contro un sistema sanitario inefficiente, che si scontra ora anche con l’emergenza pandemica, ha coinvolto venti piazze italiane, tra cui alcune abruzzesi come L’Aquila e Teramo. “Siamo studenti di medicina, neolaureati, neoabilitati, specializzandi, corsisti di medicina generale  e i cosiddetti ‘camici grigi’, quegli studenti che hanno conseguito la laurea in medicina e chirurgia ma che poi si trovano bloccati da un imbuto formativo che è quello creato dalla discrepanza tra i candidati al concorso per accedere alla formazione specialistica o al corso di medicina generale che è quello che forma il medico di famiglia e i posti stessi”- spiega la giovane dottoressa ricordando che in Italia non mancano medici ma specialisti, circa diecimila secondo le stime. Ma il problema è che non esiste uniformità nella formazione specialistica, con tutte le conseguenze del caso anche per gli utenti. Anche a Genova, come Sulmona, si parla di potenziamento della medicina territoriale, che in questa seconda fase dell’emergenza serve per evitare la centralizzazione negli ospedali. “In questo periodo è venuto fuori quanto sia importante perché è il primo anello della catena della salute. La nostra battaglia investe diversi ambiti del sistema sanitario nazionale. Vogliamo mobilitarci e ci definiamo medici in mobilitazione permanente sperando di intavolare al più presto un dialogo con le istituzioni, sperando che sia produttivo e serva a tutelare la salute dei cittadini”- conclude la sulmonese Pizzi. Un coraggio, una lucidità e un punto di vista che abbiamo voluto cogliere, a chilometri di distanza da quella piazza, ma con problemi pressochè simili alle aree interne.

Andrea D’Aurelio

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