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L’AQUILA – L’anziana con la quale aveva un conto in comune era deceduta da tempo ma lui, in virtù di una mancata comunicazione del decesso all’ente erogatore, aveva continuato a riscuotere la pensione di invalidità, riuscendo a racimolare ben 46 mila euro dal febbraio 2014 al marzo 2017. Più che una truffa, come accertato ieri dai giudici della Corte d’Appello, si è trattato di un’appropriazione indebita, non perseguibile senza querela. Per questo per L.B., ex dipendente comunale residente a Secinaro, è stata pronunciata la sentenza di non doversi procedere per il venir meno delle condizioni di procedibilità. I giudici aquilani hanno quindi riformato la sentenza del Tribunale di Sulmona, emessa l’8 giugno 2021, che aveva condannato l’uomo alla pena di tre anni di reclusione. La vicenda è curiosa e nasce da un accertamento chiesto dall’Inps alla Guardia di Finanza di Sulmona in ordine agli emolumenti erogati all’anziana donna deceduta. Secondo l’accusa l’ex funzionario, mediante artifici e raggiri, avrebbe incassato la pensione dell’anziana, erogata sul libretto cointestato, approfittando della comunicazione del decesso, da parte dell’ufficio di stato civile all’Inps, avvenuta in netto ritardo e con un codice fiscale errato. L’imputato quindi, essendo tutore della donna e ben consapevole del decesso della stessa avvenuto in data 26 gennaio 2014, avrebbe indotto in errore l’Inps, procurandosi un ingiusto profitto con corrispondente danno per l’ente previdenziale. Diversa la tesi difensiva, portata avanti dall’avvocato, Maria Grazia Lepore, secondo la quale nessun raggiro sarebbe stato posto in essere poiché l’anziana in questione era stata registrata all’anagrafe con un altro nome e l’Inps era conoscenza di tale circostanza sin dal 2008. Accogliendo la richiesta dell’avvocato difensore, i giudici della Corte d’Appello hanno cambiato l’accusa, derubricando il reato da truffa ad appropriazione indebita. Un passaggio che, vista l’assenza di querela, ha scagionato l’ex dipendente comunale, prosciolto con la sentenza di non doversi procedere. Il reato non prevede la procedibilità d’ufficio.

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