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SULMONA – Il decreto emesso dalla sezione specializzata del Tribunale per le imprese dell’Aquila apre uno scenario tutt’altro che roseo per la società partecipata del Cogesa. Con il dispositivo infatti, i giudici aquilani, oltre a dichiarare il difetto della giusta causa, hanno ordinato la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Sulmona per le determinazioni di competenza. Ne consegue che dal terzo piano di piazza Capograssi dovranno verificare i presupposti dello stato di insolvenza della società, come disposto dal Tribunale per le imprese. Un’indagine che la Procura avvierà come effetto del decreto. In caso di sussistenza, sarà il Pm a presentare istanza di fallimento della società al giudice civile. Un rischio non da sottovalutare che, al di là delle risultanze e degli accertamenti, dovrebbe spingere gli amministratori a superare la lacerazione interna per la tenuta e salvaguardia della società. Se c’è un fallimento già acclarato è proprio quello politico in ordine al controllo della gestione. Il quadro è a dir poco raccapricciante: crediti non riscossi per 8 milioni 688 mila euro, tariffe per i rifiuti da “donna delle pulizie”, 43 contenziosi solo tra il personale, un terzo dei dipendenti usato per mansioni superiori, discarica colma fino all’orlo. Solo per citare alcune delle criticità. Per invertire la rotta serve responsabilità. La speranza, tanto del lavoratore quanto dell’uomo di strada, è quella di superare il clima di litigiosità nella scelta della nuova governance. La partita si è ufficialmente riaperta e tocca alla politica tracciare la strada. Non certo ai giudici.

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